La crisi italiana assomiglia sempre piu’ pericolosamente a quella che ha riportato la Grecia alle urne nel giro di un mese nel 2012. E’ abortita la marcia di insediamento dei 5 stelle dal Colosseo a Montecitorio ma in compenso non quella dei deputati del Pdl verso il palazzo di Giustizia di Milano. Il prossimo 23 marzo i parlamentari grillini saranno in massa in val di Susa per protestare contro la Tav. Il Pdl minaccia l’Aventino parlamentare se non si risolvera’ il nodo giustizia. Al momento troppa parte della politica cerca di esprimersi fuori del Palazzo, il tempio della democrazia – come dice Dario Franceschini – che molti identificano nel ‘covo della casta’. Cio’ rende impervio ogni negoziato. Persino il tentativo di Pierluigi Bersani di affidare ad un piccolo triumvirato il dialogo con i gruppi parlamentari per individuare i candidati alle presidenze delle Camere e’ un segnale che tradisce la difficolta’ del momento.
Il fatto e’ che Beppe Grillo non rifiuta il confronto. Pone piuttosto condizioni impossibili da accettare, come l’incarico di formare il governo al M5S pur in assenza di una maggioranza: un atteggiamento che ne ricorda altri assai negativi del secolo scorso. E fa sapere, per bocca del capogruppo al Senato Vito Crimi, che il suo movimento e’ pronto ad accettare la presidenza di una delle Camere ma naturalmente senza condizioni. A sinistra c’e’ chi ha gia’ invitato il segretario del Pd a compiere un passo di questo tipo (il gruppo raccolto attorno a Micromega), ma la mossa appare gravida di incognite: come sara’ utilizzata da un movimento che rifiuta a priori il confronto sulla formazione del governo in un momento cosi’ drammatico, suggerendo il modello Belgio (che e’ stato un anno e mezzo senza esecutivo)? E poi: quale sarebbe il governo-ponte destinato a gestire la transizione, proprio quello tecnico di Monti cosi’ criticato dai 5 stelle?
Ci sono troppi punti oscuri che i grillini si rifiutano di chiarire. Supportati a quanto pare da un popolo della rete che – ricordano i sondaggi – taglia fuori le fasce piu’ povere della popolazione (che al computer non puo’ o non sa accedere) e quella piu’ anziana (per ovvi motivi anagrafici). Cio’ giustifica i sospetti di Bersani secondo il quale il ‘nuovo principe’ (il comico genovese) vorrebbe tenersi le mani libere per motivi di potere e non nell’interesse del Paese. Ma se le cose stanno davvero cosi’, le prospettive non sono incoraggianti e spiegano le riserve di Matteo Renzi che si dice non ottimista e trova molto discutibile il tipo di trattativa che ha in mente Bersani. Non ha torto percio’ Bruno Tabacci quando prevede che la vera partita politica comincera’ con l’elezione del nuovo capo dello Stato. Attualmente ci sono tre minoranze di blocco che di fatto pongono il Parlamento in stallo: solo il futuro presidente della Repubblica, che avra’ il potere di sciogliere le Camere, potra’ verificare se esistono le condizioni per formare un governo, anche a termine o di scopo. Cio’ significa che sara’ il ‘secondo conclave di Roma’, quello convocato per eleggere il successore di Napolitano, l’ appuntamento chiave della nuova legislatura. Angelino Alfano e’ convinto che il Pd punti ad eleggere un presidente di sinistra e percio’ sia disponibile anche a concessioni sugli altri due rami del Parlamento pur di ottenere il suo obiettivo. I berlusconiani non sono d’accordo perche’ non se ne sentirebbero garantiti: chiedono una persona ‘di buon senso’. Espressione che rimanda alla battaglia senza precedenti tra il Cavaliere e il tribunale di Milano. La convinzione del Pdl e’ che sia in atto il tentativo di far fuori politicamente Berlusconi per via giudiziaria. Tentativo appoggiato non solo dal Pd ma anche dai 5 stelle (che voterebbero subito per l’autorizzazione a procedere contro di lui e per la sua ineleggibilita’ per conflitto d’interessi). Cio’ significherebbe decapitare il centrodestra che non ha un delfino ne’ una seconda linea in grado di garantire il carisma del capo: non a caso Altero Matteoli, proponendo una nuova manifestazione davanti al Csm, dice che non si tratta di difendere solo Berlusconi ma il partito stesso.
La soluzione del rebus non esiste. Grillo e’ pronto a scomunicare chi si dovesse accordare con il Pd: cio’ equivale a bocciare preventivamente l’incarico a Bersani. La destra e’ tagliata fuori da qualsiasi trattativa e punta sulla battaglia per la giustizia per tornare in gioco (ma la Lega e’ quantomeno tiepida dopo aver incassato la Lombardia). Il Pd vuole tentare ad ogni costo la formazione del governo ma non riesce a trovare il minimo appiglio. L’ultima speranza resta Napolitano che anche Grillo ha riconosciuto essere il ‘suo Presidente’.
































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