Il Colosseo è il monumento da cinque milioni di visitatori l’anno. Testimonianza suggestiva dell’antica Roma, dodici euro il prezzo per visitarlo, conta un incasso annuo di 33 milioni. Il numero dei visitatori è continuo aumento, +20%, malgrado tutto, scioperi e agitazioni del personale compresi. Nel 2010 la Tod’s di Della Valle si è offerta per il restauro il Colosseo: messi a disposizioni 25 milioni di euro. Un ricorso del Codacons ha bloccato a lungo i lavori: mai aperto il cantiere che avrebbe dovuto provvedere al restauro dell’imponente struttura, cinquanta metri l’altezza massima dell’Anfiteatro Flavio. Ma il cantiere adesso può aprire: il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso del Codacons. La sentenza dichiara inammissibile la richiesta dei consumatori contro la scelta di affidare a Tod’s il restauro del Colosseo.
Allora tutto a posto, il cantiere ha finalmente via libera? Sì e no. Da un lato la sentenza del Consiglio di Stato chiude il secondo round della vicenda giudiziaria che dal 2001 ha visto il Codacons contrapporsi alla sponsorizzazione dell’opera di restauro del Colosseo. Ricorso bocciato il 3 luglio 2012, poi l’appello presentato dall’associazione dei consumatori al Consiglio di Stato. E ora la sentenza d’appello, anch’essa sfavorevole al Codacons. Presunta incongruità fra il finanziamento e lo sfruttamento commerciale dell’operazione, il Codacons va ritenuto “privo di legittimità a ricorrere, sia come associazione a tutela dell’ambiente che come sigla a tutela dei consumatori”. Di fatto, la partita è chiusa. Diego Della Valle è autorizzato a procedere, il cantiere può cominciare l’opera di restauro integrale, la cui durata prevista è di tre mesi.
Il sindaco Ignazio Marino ritiene la sentenza del Consiglio di Stato una buona notizia per Roma. Ma all’ottimismo del sindaco si contrappone l’estrema cautela del ministro dei Beni culturali, Bray. Intanto perché il Codacons ha già annunciato che impugnerà la sentenza del Consiglio di Stato. E non è tutto: la Procura di Roma ha aperto nei giorni scorsi un fascicolo per verificare la regolarità del contratto di sponsorizzazione; non ancora risolta la battaglia giudiziaria, in quanto i giudici amministrativi non si sono pronunciati. Il finanziamento di 25 milioni non è minimamente a rischio, ma tutto potrebbe cambiare in sede di svolgimento dei lavori. Una querelle infinita. Sembra quasi che il Colosseo non debba trovare pace. Esiste una controversia fra la ditta Gherardi, vincitrice della gara per l’assegnazione della prima tranche dei lavori da circa 8 milioni, 6,5 con il ribasso d’asta, e la Lucci. La seconda classificata contesta l’aggiudicazione dell’appalto. Il Tar aveva bocciato il ricorso della Lucci e accolto quello della Gherardi, esclusa poi dalla gara dalla soprintendenza ai Beni archeologici. Il motivo? Non aveva prodotto in tempo utile la documentazione necessaria. Il Consiglio dinStato ha rimesso ad adunanza plenaria la decisione sull’appello presentato dalla Lucci. Il caso si presenta estremamente controverso. Alla fine potrebbero essere necessari mesi prima di conoscere la decisione definitiva.
Questione non di lana caprina, però tipicamente italiana. Cavilli, esposti, ricorsi, a fronte di un imprenditore italiano disposto a tirar fuori 25 milioni di euro per il restauro di movimento, simbolo di Roma e dell’Italia, che perde i pezzi e necessita di un immediato totale lifting. Il restauro dell’Anfiteatro Flavio farà bene all’Italia, non solo a Roma. Il restauratore tra virgolette c’è, normale che debba avere un tornaconto commerciale a fronte della cifra che generosamente mette a disposizione: altrove il problema non si sarebbe neppure posto, da noi è in piedi dal 2011 e tuttora irrisolto.
La sentenza del Consiglio di Stato è importante, segna un punto fondamentale, ma non elimina del tutto l’incertezza legata ai ricorsi e alle questioni pendenti sopra esposte. Il cantiere Tod’s può aprire, mentre ministero e soprintendenza non si sbilanciano sul calendario dei lavori. Ma siccome siamo in Italia, per dovere di cronaca va segnalato che l’allestimento del cantiere è iniziato due settimane fa. Il Mibac è stato obbligato a consegnare l’area alla ditta Gherardi, alla luce della non autorizzazione della sospensiva dei lavori chiesta dalla Lucci. L’allestimento dei soli ponteggi richiede quaranta giorni di tempo. Intorno al Colosseo, il grandissimo vecchio in attesa della terapia d’urto (leggi restauro) che lo restituisca al suo inimitabile fascino, si procederà in definitiva con la precantierizzazione. In attesa che vengano sciolti gli ultimi legacci. Il Codacons, intanto, minaccia: “Se i lavori cominceranno prima dei pronunciamenti della Cassazione e del Consiglio di Stato, chi di dovere dovrà assumersi le sue responsabilità”. Ma il più sembra fatto, ormai. Installazione dei ponteggi e precantierizzazione sono già discreti segnali. I soldi ci sono, e il Colosseo, per il suo esclusivo bene, diventerà un cantiere, prima o poi. E chi bene gli vuole ha pensato di liberare dai rumori, dai gas e quant’altro del traffico veicolare: domani l’inaugurazione della chiusura al traffico privato del tratto di via dei Fori Imperiali. Quello più vicino al Colosseo, per liberare alle auto il famoso monumento che continua ad incantare il mondo. Il primo passo della pedonalizzazione che dovrà valorizzare l’area archeologica centrale di Roma. Abbiamo impiegato secoli, ma forse ci siamo arrivati.
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