E così i partiti di maggioranza, quelli che sostengono il governo Monti, hanno trovato l’intesa sulle riforme costituzionali. Pd, Pdl e Terzo Polo confermano oggi il "sì" condiviso alla bozza dei "tecnici" che prevede, tra le altre cose, la riduzione del numero dei parlamentari.
La bozza è stata presentata oggi. Ora toccherà a Carlo Vizzini, Presidente della Commissione Affari Costituzionali e relatore dei tanti ddl all’esame del Senato, trovare la più larga intesa possibile, così da accelerare l’iter della riforma che, essendo costituzionale, richiede quattro letture, due alla Camera, altrettante in Senato, e, come disposto dall’articolo 138 della Carta, "ad intervallo non minore di tre mesi, e approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione".
Insomma, l’intesa è stata trovata, ma i tempi si annunciano lunghissimi. Così lunghi che sembra improbabile portare a termine il lavoro entro questa legislatura. Fra le altre cose, infatti, nella bozza, che "si ispira al principio del minimo indispensabile (contrario al massimo possibile)", si legge anche che "nella prossima legislatura si potranno affrontare i temi più rilevanti".
In ogni caso tra le riforme c’è anche la riduzione del numero dei parlamentari, che alla Camera diventerebbero 508 (8 eletti all’estero) e al Senato 254 (quattro eletti all’estero).
In sintesi: riducono troppo il numero dei parlamentari eletti dagli italiani nel mondo, ma non riducono abbastanza – almeno dal nostro punto di vista – quello dei parlamentari nazionali. Ma si sa, quando si tratta di italiani all’estero la politica italiana non sa prestare la dovuta attenzione. C’è anche da dire che, come italiani residenti oltre confine, forse ce lo siamo meritati: scandali, inciuci, imbrogli, onorevoli non degni di tale nome, macchiette dell’emigrazione… Tutte cose che hanno senza dubbio avuto un ruolo nella decisione presa.
La bozza approvata si propone di seguire cinque indirizzi: "rafforzare la rappresentanza; semplificare le procedure parlamentari; favorire governi di legislatura; prevedere elementi di valorizzazione degli interessi delle Regioni nel processo legislativo nazionale; costruire un forte Governo in un forte Parlamento".
Staremo a vedere se si troverà il tempo di trasformare in realtà queste riforme, o se tutto dovrà essere rimandato alla prossima legislatura. Del resto, le elezioni politiche del 2013 non sono poi così lontane, e intorno alla fine di quest’anno si scioglieranno le Camere. Fate un po’ voi i conti…
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