Se le parole hanno un senso, lo scambio di apprezzamenti tra Giorgio Napolitano e Beppe Grillo rappresenta un disgelo importante in vista delle consultazioni al Quirinale. Conseguito su un terreno cruciale come quello dell’immagine del nostro Paese in Europa. L’aspirante Cancelliere tedesco Peer Steinbrueck, con la sua goffaggine, ne e’ stato l’involontario sponsor: non solo perche’ ha dimostrato la grave sottovalutazione che in Germania si fa del fenomeno M5S, ma perche’ ha consentito al capo dello Stato di respingere i tentativi di intrusione della diplomazia germanica nel delicato dopo-elezioni italiano. Napolitano ha escluso, con una certa determinazione, che il nostro Paese debba sottostare ad una specie di ‘analisi del sangue democratico’: non c’e’ nessun pericolo di contagio, ha spiegato, perche’ non c’e’ nessuna malattia. Con il sottinteso che il malessere sociale dilagante, a causa dell’improvvida politica di austerita’ sostenuta da Berlino, non e’ un’anomalia ma una reazione fisiologica in una democrazia che ambisce a riprendere la via del rilancio economico. Un tema sul quale la Cancelliera Angela Merkel, nell’imminenza delle sue elezioni, fatica a seguire Napolitano ma anche a contrastarlo.
Grillo, che in passato aveva avuto scontri accesi con il Colle, alla luce di queste parole ha riconosciuto in ‘Re Giorgio’ il suo presidente, l’uomo capace di respingere con la schiena diritta le ingerenze dei tedeschi. Naturalmente cio’ non significa che il cammino si sia semplificato. Ma un riconoscimento implicito del comico genovese alla regia politica del presidente della Repubblica nella gestione della crisi c’e’ sicuramente. E’ come se il Quirinale sia vissuto anche da quella sponda come l’unica istituzione garante di una transizione che si annuncia complessa. Il capo dello Stato e’ per l’Europa l’uomo che puo’ assicurare la continuita’ delle riforme. Il mantello del Colle si spinge fino ad abbracciare la gestione degli affari correnti di un governo tecnico che Napolitano sottolinea essere ancora in carica contro i pericoli di un vuoto di potere. In altre parole: Monti governera’ in questa fase difficile, rappresentera’ il Paese nell’importante Consiglio europeo di meta’ marzo e comunque fino a che non sara’ varato un nuovo esecutivo.
Certo, il vero interrogativo resta se Pierluigi Bersani possa avere qualche chance di ottenere la fiducia per un ‘governo di scopo’. In tal senso i punti programmatici di cui si parla nel Pd per ottenere i voti dei grillini (legge anticorruzione e sul conflitto d’interessi, tagli del numero dei parlamentari e dei loro stipendi, modifiche al patto di stabilita’ e addirittura tentativo di introdurre il reddito di cittadinanza) sembrano fatti apposta per rendere difficile dire di no. Non a caso sul blog del M5S il dibattito e’ acceso: Grillo parla di strumentalizzazioni dei media, ma che una parte della base sia favorevole ad un tentativo di accordo non si puo’ negare. L’ invito del leader a ‘non farsi fregare’ da chi e’ corresponsabile della crisi sembrerebbe in realta’ chiudere ogni spiraglio, ma e’ pur vero che una bocciatura a priori del confronto potrebbe costare cara ai grillini: il Pd infatti ripete che non ci sono alternative e che non e’ disponibile ad un’intesa con il Pdl. Piuttosto i democratici sembrano disposti a tornare alle urne, magari con un nuovo leader come Matteo Renzi: uomo che secondo Enrico Letta rappresenta il futuro del partito e potrebbe essere competitivo con Grillo.
In questo scenario, Napolitano potrebbe conferire a Bersani un semplice incarico esplorativo (come in passato se ne sono visti tanti) in modo da verificare la possibilita’ di ottenere la fiducia. Grillo replica chiedendo per se’ un incarico di formare il governo: ma e’ un rilancio cosi’ prematuro da somigliare piu’ ad una provocazione per rovesciare il tavolo. Ad essere del tutto tagliati fuori dalle trattative, in questa fase, sono il centrodestra e i montiani (il cui ruolo appare irrilevante). Il Pdl protesta per i nuovi avvisi di garanzia giunti a Berlusconi ed e’ pronto a scendere in piazza. Alfano e Cicchitto sono sicuri che il Pd dovra’ prima o poi sedere al tavolo negoziale. Ma il fatto che anche una voce autorevole come quella di Massimo D’Alema (che ha proposto di attribuire le presidenze delle Camere a Pdl e M5S) sia rimasta isolata, sembra spingere proprio per un ritorno alle urne dopo l’elezione del nuovo capo dello Stato se Grillo resistera’ in trincea. In tal caso, una riconferma di ‘Re Giorgio’ per gestire una fase cosi’ drammatica sembra l’ipotesi piu’ realistica.
































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