Sara’ la Nia, la polizia indiana specializzata nella repressione degli atti terroristici, ad occuparsi d’ora in poi delle nuove indagini sull’incidente che coinvolse quasi 14 mesi fa Massimiliano Latorre e Salvatore Girone nella morte di due pescatori indiani al largo del Kerala. La decisione, annunciata ufficialmente a New Delhi, e’ stata confermata dal viceministro degli Esteri italiano Staffan de Mistura che proprio di questo, e della costituzione di un tribunale speciale che ‘tratti il caso in modo rapido’, ha discusso oggi nella capitale indiana con il ministro degli Esteri, Salman Khurshid. In serata, nella delicatissima partita diplomatica, si e’ inserita anche la grazia concessa da Giorgio Napolitano al colonnello Usa Joseph Romano III nell’abito del dossier Abu Omar: una decisione, fanno sapere fonti del Quirinale, ispirata ‘allo stesso principio che si cerca di far valere per i nostri due maró in India’. Insomma, una sorta di indicazione su come possono risolversi le controversie giudiziarie tra Paesi amici. E forse anche un ‘credito’ da vantare presso gli Stati Uniti, che potrebbero a questo punto ricambiare il favore dialogando con il governo indiano. Che si sia giunti comunque ad un passaggio delicato e di svolta lo ha provato anche la telefonata del presidente del Consiglio Mario Monti, che ha l’interim degli Esteri, a Khurshid. Questi ha colto l’occasione, ha detto un portavoce governativo a Delhi, per aggiornarlo ‘sui passi intrapresi in adempimento delle direttive’ impartite di recente dalla Corte Suprema.
Come l’incontro con De Mistura, anche il colloquio telefonico con Monti, si e’ appreso, e’ servito ‘a confermare l’intenzione del governo indiano di informare la Corte Suprema nell’udienza fissata per il 16 aprile sugli sforzi compiuti per costituire un tribunale speciale in sintonia con la sentenza del 18 gennaio’.
Pur trattandosi di una questione estremamente delicata, l’assegnazione del caso dei maro’ alla Nia, organismo che se necessario puo’ agire in modo rapido, non e’ stata oggetto di un comunicato ufficiale del ministero dell’Interno, e questo ha permesso la diffusione di notizie incontrollate, soprattutto sulla delicata questione dell’utilizzazione della pena di morte, effettivamente prevista in India in molti casi. Sempre quindi secondo le notizie offerte dai media indiani che hanno citato fonti anonime della polizia e degli Interni, la Nia si e’ per ora limitata a formalizzare una denuncia (Fir) sulla base dei risultati dell’inchiesta fatta nel 2012 in Kerala dal team speciale guidato dal commissario Ajith Kumar. In essa si citano le sezioni 302 (omicidio), 307 (tentato omicidio), 427 (comportamento pericoloso causante danno) del Codice penale indiano, insieme alla sezione 34 (atti realizzati da diverse persone per far progredire un progetto comune). Nel Fir inoltre si invoca la pesante sezione 3 della Legge sugli atti illegali contro la sicurezza della navigazione marittima (SUA) del 2002, che apertamente prevede la pena di morte. Non si deve comunque dimenticare che da Khurshid, prima del rientro dei maro’ a New Delhi, arrivo’ a Roma un ‘chiarimento’ scritto in base al quale il caso di Latorre e Girone non era uno di quelli in cui in India si puo’ applicare la pena capitale. Interrogato su questo, De Mistura ha risposto che ‘ci e’ stato riferito che qui la stampa tende a drammatizzare le notizie. Per noi contano solo le dichiarazioni ufficiali delle autorità’. E l’unica davanti ai microfoni di un ministro indiano e’ stata offerta oggi dal responsabile della Giustizia, Ashwani Kumar, che si e’ limitato a chiarire che il caso ‘sara’ esaminato da una ‘session court’ di New Delhi’, tribunale distrettuale che puo’ trattare anche accuse di omicidio. Ma la polizia dovra’ presentare il suo dossier ad un magistrato che ha si’ poteri di comminare pene importanti, ma che ovviamente potra’ farlo solo se convinto dalla consistenza delle prove presentate. Si deve segnalare infine che secondo alcune fonti ufficiali, agenti della Nia chiederebbero presto di poter interrogare i due fucilieri del San Marco che risiedono nell’ambasciata d’Italia a New Delhi. Un atto intuitivamente essenziale, ma potenzialmente capace di provocare importanti tensioni.
































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