Il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, in una intervista a Repubblica, commenta la sentenza del Tribunale arbitrale dell’Aja su Salvatore Girone, che presto potrà tornare in Italia: "L’arbitrato ci darà ragione. Abbiamo lavorato con la piena intesa del Parlamento, per affidare la soluzione del caso al Tribunale internazionale e rispetteremo le sue decisioni. Intanto viene riconosciuta la nostra richiesta preliminare: Girone trascorrerà in Italia il periodo dell’arbitrato. Le diplomazie italiana e indiana si stanno già mettendo al lavoro per concordare le modalità del suo rientro e farle validare dalla Corte Suprema. Faremo poi valere le nostre ragioni nella fase di merito dell’arbitrato. Ed essendo ottime ragioni confido che verranno riconosciute". "C’è stata solidarietà europea. E grande determinazione e professionalità da parte della Farnesina, del team legale e dell’intero governo".
Il ministro della Difesa Roberta Pinotti, in una intervista al Corriere della Sera: "Entro qualche settimana Salvatore Girone sarà in Italia", "sono state proprio le autorità indiane a dichiarare che si sarebbero attenute alla decisione del tribunale", "Girone ha una moglie, un figlio adolescente e una bimba che lo reclamano. Sono stata vicina a loro in questi due anni e ne conosco la sofferenza profonda. Lui è lontano da casa da quattro anni. Ora avrà finalmente la possibilità di veder crescere i figli, di tenere in braccio la piccola e seguire il più grande".
Pinotti si dice certa che sia prossima una svolta reale: "I nostri avvocati mi hanno assicurato che è davvero così. E quindi dobbiamo essere felici per questo bell’inizio di settimana che ci ripaga di tanti momenti anche difficili, soprattutto dell’impegno di questo governo che è sempre stato totale. Credo che una sentenza simile sia utile anche a riportare la vicenda in una dinamica più normale fra i due Stati".
Quindi riferisce della sua telefonata con Girone: "Non potevo vederlo, ma per la prima volta ho avuto la sensazione che stesse sorridendo. Era emozionato, finalmente sollevato. Lui è sempre stato informato di ogni passaggio, ha affrontato ogni momento – anche quelli davvero critici – in maniera pacata. Ma adesso era diverso, sapeva perfettamente che quella di ieri era una decisione che avrebbe potuto cambiargli la vita".
"Noi abbiamo sempre rispettato le autorità indiane – continua Pinotti – facendoli tornare a New Delhi dopo la permanenza in Italia e le sentenze del tribunale arbitrale. Continueremo a farlo. Il procedimento non è concluso, i giudici dell’Aia hanno riconosciuto come valide le ragioni giuridiche della posizione italiana in base al diritto internazionale e questo ci da soddisfazione, però sappiamo che la vicenda non è affatto conclusa. Del resto fino al 2018 non arriverà la decisione definitiva, sino a quel momento molto può ancora succedere".
Il ministro della Difesa sostiene che la sentenza non modifica la strategia giudiziaria italiana: "No, ha il pregio di rafforzarla proprio perché abbiamo ottenuto un primo pronunciamento favorevole. Il nostro Paese continuerà a far valere le proprie tesi sull’esclusività della giurisdizione italiana sulla vicenda della Enrica Lexie e sull’immunità dei fucilieri nel corso della procedura arbitrale". E aggiunge riferendosi al verdetto di Amburgo: "Del resto non è la prima volta che otteniamo un buon risultato", "il fatto che il Tribunale per il diritto del mare abbia sospeso i vari procedimenti a carico dei fucilieri, ha comunque determinato un effetto a catena positivo. Io sono molto fiduciosa, so che alla fine la linea italiana sarà ritenuta valida".
Emma Bonino in una intervista al Messaggero ripercorre come si arrivò a questa procedura quando era ministro degli Esteri: "II rientro in Italia dei marò era uno dei risultati che ci auguravamo di ottenere con l’arbitrato internazionale. Quando mi insediai alla Farnesina, era aperto un canale diplomatico col governo indiano di allora. Avemmo incontri a vari livelli, anche a margine dell’assemblea generale dell’ONU di settembre. Verso ottobre 2013, a me parve che il canale diplomatico non fosse forte né credibile e che il rischio fosse quello di politicizzare troppo la vicenda, trasformandola in braccio di ferro tra i due paesi", poi "col mio staff, in particolare Filippo di Robilant, e l’ufficio giuridico della Farnesina, studiammo l’ipotesi dell’arbitrato internazionale", "a novembre 2013 parlai con Enrico Letta, gli dissi che essendo ormai in vista le elezioni politiche in India, il canale diplomatico a maggior ragione non era realistico. A Palazzo Chigi si era intanto creato un coordinamento efficace. Il 16 luglio il ministro degli Esteri indiano mi aveva promesso grandi cose per agosto, ma non vedevo nulla di concreto. Così mettemmo a punto le procedure arbitrali. La riunione per prendere la decisione si tenne la mattina del giorno in cui Letta si dimise, nel febbraio 2014. Ovviamente lasciammo la scelta al nuovo governo".
Della sentenza dell’Aja sul ritorno di Girone in Italia dice: "E’ un passo avanti. Mi pare che l’India stia collaborando". Smentisce che se si fosse trattato di marines o militari britannici ci sarebbe stata più attenzione: "Quest’idea auto-denigratoria nasce dall’abitudine italiana del darsi addosso. Sono noti casi di americani che sono stati tirati fuori dopo anni".
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