Dunque, alla fine Bossi si è dimesso: coinvolto in prima persona con la sua famiglia in una fosca storia di ruberie e imbrogli, non ce l’ha fatta a ignorare le accuse e ha dovuto cedere lo scettro.
Le sue parole, "chi ha sbagliato pagherà qualunque cognome abbia", gli fanno comunque onore e possono anche far pensare a una sua estraneità ai fatti, compatibile con la storia della malattia debilitante.
Perchè può anche succedere che un uomo – simbolo, ancorchè malato, venga tenuto in piedi per mire utilitaristiche, lasciato all’oscuro di magagne e maneggi organizzati da amici e parenti prossimi, e che quel cerchio magico troppe volte evocato si sia pian piano sostituito abilmente al timone del movimento. Amministrando allegramente le risorse del partito.
Per adesso queste supposizioni valgono quanto una fiction di seconda serata, e sono fatte da chi prova compassione per il capopopolo scomodo, rozzo, antipatico quanto si vuole, ma autentico protagonista della vita politica di tanti anni come rivoluzionario protettore delle istanze nordiste. Vedremo nel tempo, speriamo a breve, quanto di quel che è emerso abbia a che fare con oscure trame famigliari o sia frutto di responsabilità individuali ben precise.
Che fine farà la Lega dopo Bossi? Chi potrebbe avere al momento le capacità e il carisma del suo capo storico? Sarà possibile un’altra fulgida primavera ora che le grandi provocazioni e gli slogan d’effetto le si ritorcono tristemente contro? Non sappiamo; potremo capirlo forse dopo le amministrative. Una cosa è certa: con quest’ultimo colpo al cuore, la politica tutta è stata ferita a morte, e non basteranno a salvarla i soliti rimedi pasticciati; occorrerà proprio un trapianto multiplo, di organi freschi e sani, reni per depurare, fegato per ritrovare il coraggio, occhi per vedere lontano, sangue per far circolare nuova linfa vitale.
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