Giulio Andreotti, senatore a vita, si è spento questa mattina a Roma all’età di 94 anni. Con lui se ne va un pezzo di Storia italiana. Nato il 14 gennaio del 1919, Giulio Andreotti vanta un curriculum politico che racconta la storia dell’Italia repubblicana, difficile da riassumere: sette volte presidente del Consiglio, otto volte ministro della Difesa, cinque volte ministro degli Esteri, tre volte ministro delle Partecipazioni Statali, due volte ministro delle Finanze, ministro del Bilancio e ministro dell’Industria, una volta ministro del Tesoro, ministro dell’Interno, ministro dei Beni Culturali e delle Politiche Comunitarie. Entra alla Camera come deputato democristiano nel 1948 e viene rieletto anche nelle successive legislature, non e’ mai stato segretario della Dc. Nel 1944 diventa delegato nazionale dei gruppi giovanili della Democrazia Cristiana e nel 1945 entra a far parte della Consulta Nazionale. Deputato dell’Assemblea Costituente nel 1946 e’ stato confermato in tutte le successive elezioni della Camera dei Deputati nella circoscrizione di Roma-Latina-Viterbo-Frosinone, dove e’ stato eletto per la dodicesima volta nel 1987. E’ stato anche eletto per due volte al Parlamento Europeo, il primo giugno 1991 il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga lo nomina senatore a vita. L’attivita’ di governo inizia a 28 anni come sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel quarto governo De Gasperi, e’ stato presidente dei deputati della Dc dal dicembre 1968 al febbraio 1972.
Nella vita di Andreotti, luci e ombre. Forse il suo anno più difficile e’ stato il 1978, con il sequestro del presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro. Il 16 marzo di quell’anno, quando Moro fu rapito dalle brigate rosse, Andreotti stava per essere presentato in Parlamento per ottenere la fiducia da presidente del Consiglio. Sono momenti di grande tensione nel Paese, sull’orlo di una crisi istituzionale, il governo guidato da Andreotti non cede alle richieste dei sequestratori che chiedevano la liberazione di alcuni terroristi in carcere, mettendosi contro repubblicani e Pci. Aldo Moro viene trovato morto il 9 maggio 1978 in una Renault 4 parcheggiata in via Caetani, nel centro di Roma, simbolicamente a meta’ strada tra Botteghe Oscure e piazza del Gesu’, le sedi rispettivamente di Pci e Dc. Negli anni seguenti piomberanno nella vita di Giulio Andreotti altri gravi vicende, da Tangentopoli nel 1991 che non colpisce direttamente lui ma gran parte degli esponenti del suo partito, al processo Pecorelli: il senatore a vita sara’ accusato di essere il mandante dell’omicidio del giornalista Mino Pecorelli, il direttore dell’Op. Dopo 169 udienze, il 24 settembre 1999 viene pronunciato il verdetto che lo assolve "per non aver commesso il fatto". Un’altra vicenda giudiziaria scuote la vita di Andreotti, accusato di essere colluso con la mafia, vicenda che sara’ ricordata da tutti per il presunto incontro con con il boss Toto’ Rina suggellato da un bacio, come racconto’ il pentito Balduccio Di Maggio, sempre smentito dall’ex premier. Il 23 marzo del 1993 l’ufficio di Giancarlo Caselli inoltra al Senato la richiesta di autorizzazione a procedere per concorso esterno in associazione mafiosa, secondo i magistrati Andreotti avrebbe favorito la mafia nel controllo degli appalti in Sicilia attraverso la mediazione di Salvo Lima. I pm chiedono 15 anni di reclusione ma il processo di primo grado si chiude il 23 ottobre 1999 con l’assoluzione perche’ "il fatto non sussiste", dopo il ricorso della procura di Palermo la vicenda giudiziaria si chiude con l’assoluzione in via definitiva in Cassazione il 30 ottobre del 2003. Andreotti fu protagonista anche nella politica internazionale, svolse un ruolo incisivo nelle tensioni medio-orientali, ha lavorato alla composizione del conflitto Iraq-Iran, ha sostenuto i Paesi dell’Est nel loro processo di democratizzazione e ha dato il si’ italiano all’installazione degli euromissili della Nato. L’impresa di raccontare la storia di un personaggio politico che e’ stato al centro della scena per piu’ di mezzo secolo e’ quasi impossibile, ci hanno provato scrittori, registi (con il "Divo" Paolo Sorrentino ha vinto il Premio della Giuria a Cannes nel 2008), giornalisti, ma sicuramente qualcosa e’ sempre sfuggita anche ai piu’ attenti osservatori. E cosi’ Andreotti, come sostengono in molti, e’ morto riuscendo a custodire gelosamente molti segreti.
L’UOMO DEI RECORD DELLA REPUBBLICA Era l’unico uomo politico ad aver partecipato, se si esclude il Napolitano-Bis, a tutte le elezioni dei Presidenti della Repubblica italiana, tra i pochissimi ancora in vita ad aver partecipato ai lavori dell’assemblea Costituente, ma l’unico a poter vantare la partecipazione alla Consulta, l’assemblea istituita nel 1945 per definire le regole per eleggere la Costituente. Giulio Andreotti era l’uomo dei record della Repubblica. L’unico anche ad essere stato processato, ed assolto, per mafia. Ha guidato 7 volte il governo stabilendo il primato dell’esecutivo piu’ breve della Repubblica: 9 giorni.
Ecco alcuni numeri, privati e pubblici, che riassumono la sua straordinaria vita politica.
4 – i figli.
27 – gli anni che aveva quando e’ stato eletto per la prima volta all’Assemblea Costituente.
11 – Le volte che e’ stato eletto in Parlamento.
66 – gli anni vissuti da parlamentare.
28 – gli anni che aveva quando e’ entrato nel governo come sottosegretario.
6 – gli incarichi da sottosegretario.
10 – i governi in cui non e’ stato ministro.
22 – gli anni vissuti in Parlamento come senatore a vita.
2 – i processi a cui e’ stato sottoposto ( mafia e omicidio Pecorelli).
2 – le volte in cui e’ stato eletto al Parlamento europeo.
0 – le volte in cui e’ stato segretario della Dc.
22 – le volte in cui Andreotti e’ stato ministro ( 8 alla Difesa, 5 agli Esteri, 2 alle Finanze, 2 al Bilancio, 2 all’Industria, 1 Tesoro, 1 all’Interno, 1 Beni Culturali, 1 Politiche Comunitarie, gli ultimi due ad interim).
7 – Le volte in cui e’ stato presidente del Consiglio.
26 – le volte in cui c’e’ stata una richiesta di azione penale e’ questa e’ stata archiviata dall’Inquirente.
DATE DI UNA VITA TRA POLITICA E INCHIESTE La vita di Giulio Andreotti e’ stata una lunga sequenza di date che scandiscono prima il suo ‘cursus honorum’, poi la sua odissea giudiziaria. Queste le principali tappe:
1919- Nasce a Roma il 14 gennaio.
1941- Si laurea in Giurisprudenza, specializzandosi in Diritto canonico.
1942- Presidente nazionale degli universitari dell’Azione cattolica.
1944- Consigliere nazionale della Dc.
1945- Si sposa con Livia Danese.
1946- Deputato Costituente con oltre 25 mila voti.
1947-1954- Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con Alcide De Gasperi.
1954- Ministro dell’Interno nel primo governo Fanfani.
1955-1958- Ministro delle Finanze.
1959-1965- Ministro della Difesa.
1966-1968- Ministro dell’Industria.
1969-1972- Presidente dei deputati della Democrazia cristiana.
1972-1973- Presidente del Consiglio nei due governi di centro-destra.
1972- Record di preferenze personali alle elezioni politiche: 367 mila.
1974-1976- Ministro della Difesa e del Bilancio nei governi Rumor e Moro.
1976-1979- Presidente del Consiglio nei tre governi di solidarieta’ nazionale.
1979-1983- Presidente della commissione Esteri della Camera.
1983-1989- Ministro degli Esteri nei governi Craxi, Fanfani, Goria e De Mita.
1989- Record di preferenze alle elezioni Europee: 500 mila nella circoscrizione Nord-Est.
1989-1992- Presidente del Consiglio per la sesta e settima volta.
1991- E’ nominato senatore a vita dal Presidente della Repubblica Francesco Cossiga.
1993- 27 marzo: Al Senato arriva la richiesta di autorizzazione a procedere per concorso in mafia: e’ avanzata dalla Procura di Palermo.
1995- 20 luglio: La Procura di Perugia chiede l’autorizzazione a procedere per Andreotti con l’accusa di omicidio nei confronti del giornalista Carmine Pecorelli.
1999- 26 settembre: Comincia nell’aula bunker dell’Ucciardone, a Palermo, il ‘processo del secolo’. L’accusa si e’ trasformata in associazione mafiosa.
1999- 30 aprile: Al processo Pecorelli i Pm chiedono l’ergastolo per tutti gli imputati.
1999- 24 settembre: Dopo oltre 100 ore di camera di consiglio arriva il verdetto per li’ omicidio Pecorelli: tutti assolti per non aver commesso il fatto.
1999- 23 ottobre: Al processo di Palermo Andreotti e’ assolto con la formula ‘dubitativa’.
2001- 19 aprile: Inizia il processo di appello a Palermo.
2002- 17 novembre. La Corte di Assise di appello di Perugia condanna a 24 anni di reclusione Giulio Andreotti e Tano Badalamenti per l’omicidio Pecorelli.
2003- 2 maggio: La Corte di appello di Palermo conferma, con alcune modifiche, la sentenza di assoluzione per Giulio Andreotti dall’accusa di associazione mafiosa.
2003- 30 ottobre: La Cassazione annulla senza rinvio la sentenza sull’omicidio Pecorelli: di fatto e’ l’assoluzione piena da qualsiasi responsabilita’ per Andreotti e Badalamenti che sono estranei alla uccisione del giornalista avvenuto il 20 marzo 1979.
2004- 28 dicembre: La Cassazione conferma la sentenza di assoluzione nel processo per mafia: la sentenza di Palermo diviene cosi’ definitiva. Prescrizione per il delitto di associazione a delinquere fino alla primavera del 1980 e l’assoluzione per il reato di associazione mafiosa dal 1980 in poi. I magistrati annotano che e’ dubbio il ruolo di Andreotti per i rapporti con Cosa Nostra prima del 1980, visti anche gli incontri con il boss Stefano Bontade, i legami con Vito Ciancimino e con i cugini Nino e Ignazio Salvo: ma la questione non puo’ essere approfondita dato che i fatti sono coperti da prescrizione.
2013- 6 maggio: alle 12 e 25 Giulio Andreotti si spegne, all’eta’ di 94 anni, nella sua abitazione di corso Rinascimento, a Roma.
ARCHIVIO IN CAVEAU BLINDATO DELLO STURZO E’ una leggenda politica. Un mito archivistico. Il ‘grande armadio’ della Prima repubblica. Per ora e’ ancora chiuso, tranne particolari autorizzazioni, alla consultazione pubblica e ci vorra’ ancora del tempo anche perche’ Giulio Andreotti ha continuato ad ‘alimentarlo’ quotidianamente e a consultarlo per i suoi libri, interventi, discorsi. Eccolo l’archivio piu’ temuto e ambito della Repubblica depositato nel caveau blindato dell’Istituto Don Sturzo dove tutti i principali esponenti della Dc hanno lasciato le loro carte. C’erano voluti due mesi per trasferirlo in via delle Coppelle 35 nell’antico Palazzo Baldassini (opera dell’architetto Sangallo il giovane) da via Borgognona 47 dove in uno appartamento era custodito l’Archivio per antonomasia. Sono oltre 3.500 grandi faldoni – ‘buste’ secondo la denominazione archivistica – conservati in due grandi archivi a scomparti mobili che hanno occupato due stanze dei sotterranei dell’Istituto che gia’ accoglie le 1.400 buste di Luigi Sturzo, l’intero archivio della Dc, quello di Flaminio Piccoli, le trecento ‘buste’ Giovanni Gronchi e le 350 di Mario Scelba. L’Archivio Andreotti era gia’ stato definito nel 2007 di ‘interesse storico particolarmente importante’. Il lavoro di classificazione e’ quasi definito per le prime carte, quelle del giovanissimo sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giulio Andreotti che aveva la delega per il cinema e lo spettacolo tra il ’47 e il ’53. Sulle singole scaffalature dei due grandi armadi che scorrono su rotaie appare la scritta ‘G.A.’ e alcune sezioni recano la scritta ‘riservato’ per le carte di natura personale. Ancora oggi la scheda di Giulio Andreotti sul sito del Senato reca, alla voce professione, la dicitura ‘giornalista’ e questo e’ l’archivio di un politico che non ha mai dimenticato il suo mestiere. Infatti, da ogni faldone spuntano ritagli di giornali, appunti, foto, discorsi, documenti vari ed anche, in molti casi, libri, pubblicazioni inerenti l’argomento. Spiegava l’archivista che sta lavorando alla classificazione, Luciana Devoti, che si tratta di un archivio che copre circa 600 metri lineari. Era stata raggiunta un’intesa con Andreotti per stabilire, tenendo conto della attuale normativa, le ‘linee di azione rispetto alla conservazione, tutela, accesso e valorizzazione del complesso documentario’. ‘Quello che colpisce e’ la cura con cui si sono archiviati documenti vari per evidenti fini di studio o di documentazione personale che l’Istituto ha solo ordinato per seguendo lo schema pratico ma efficace di archiviazione che via via si e’ adottato’, notava l’archivista nel 2009. Il tutto era poi sintetizzato nelle schede collocate in due grandi classificatori a schede da cui spuntano riferimenti a grandi fatti storici (Alleanza atlantica, comunismo, De Gasperi ecc.) ma anche le piccole annotazioni dei rapporti di Andreotti con il suo elettorato. Una mole incredibile di carte, ma c’e’ chi ancora oggi giura di camion di faldoni arrivati in Vaticano quando Andreotti abbandono’ definitivamente il dicastero della Difesa.
Due sono le sezioni principali dell’archivio; quella seriale divisa in 15 argomenti (Camera dei Deputati, Cinema, Dc, Discorsi, Divorzio, Elezioni, Europa, Fiumicino, Governi, Parlamento, Personale, Trieste, Scritti, Senato e Vaticano). Si tratta di circa 110 ‘buste’. Ci sono poi le ‘Pratiche numeriche’, cioe’ la seconda sezione corrispondenti a pratiche numerate da 1 a 10.560 ( 2400 ‘buste’ circa). Ad ogni pratica, comunque, possono corrispondere uno o piu’ fascicoli, contenenti documentazione relativa ad affari diversi. Ad esempio ci sono 80 fascicoli dedicati agli Usa e 200 al Vaticano, con relativi ‘incartamenti’ riguardanti i Papi dello scorso secolo. Otto decimi delle carte sono disponibili in buste ma c’e’ anche un grande archivio fotografico, uno sonoro e audiovisivo e perfino una raccolta dei menu e dei cartoncini degli inviti ai vertici e pranzi ufficiali a cui il sette volte Presidente del Consiglio ha partecipato.
Ci sono fascicoli annuali, come quello sul 1978, l’anno della morte di Aldo Moro e della elezione di due Papi dopo la morte di Paolo VI. Andreotti molto spesso chiedeva questo o quell’incartamento ma anche, con cadenze varie, le faceva avere all’istituto che incrementava cosi’ uno dei suoi ‘giacimenti’ piu’ importanti, certamente il piu’ ambito per storici e giornalisti.
































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