Stefano Vaccara, direttore de La Voce di New York, ha intervistato Francesco Genuardi, console generale di New York da marzo 2016. Ad un anno dal suo insediamento, Genuardi traccia un bilancio della sua missione in una lunga intervista, nella quale tra le altre cose spiega: “Il mio lavoro è ancora più affascinante di quello che mi aspettavo ed è una sfida ancora più intensa e coinvolgente, anche dal punto di vista delle energie fisiche, di quanto mi aspettassi”.
“Come ho detto all’inizio del mio mandato, la priorità era, è e sarà quella dell’erogazione dei servizi consolari. Avendo la responsabilità di questo Consolato Generale ho ben presenti gli oneri di questo incarico, che non vedo come oneri in senso di peso, ma soprattutto come dovere di dare e far migliorare sempre di più i servizi consolari. Io sono stato fortunato ad arrivare in un Consolato Generale ottimamente diretto dalla collega Natalia Quintavalle, in cui era già stato fatto un lavoro profondo di riforme, di affinamenti e di miglioramenti dell’erogazione dei servizi all’utenza. Sto cercando appunto di dare continuità a queste novità, a questa spinta verso l’innovazione, verso l’utenza. Una cosa che posso ricordare di questi mesi è l’attivazione anche in New Jersey di una stazione per i passaporti al Consolato Onorario, per assorbire tutto il nuovo passaggio”.
E gli italiani a New York? “Ho trovato una ricchezza ancora superiore rispetto alle aspettative, ci tengo a dirlo, e ho trovato tante articolazioni e tanti strati e raggruppamenti diversi di italiani. Se proprio dovessi sintetizzare in maniera estrema e forse anche non scientifica, direi che c’è una parte che è il mondo italo-americano di alcune generazioni fa, che rappresenta un tipo di italiano che si è radicato qua ed è venuto nel Tristate ed è un pilastro insostituibile e anche inesauribile di energie e di ponti con gli Stati Uniti. Una parte rappresentata da una miriade di associazioni che ho trovato ancora vive, con un buon ricambio generazionale, con un desiderio e con una consapevolezza di doversi attrezzare per gli anni a venire, per un’era che è diversa rispetto a quella in cui sono state fondate, con scopi di assistenza e mutualistici, scopi nobilissimi, che adesso continuano a essere importanti, perché l’assistenza è ancora importante verso i deboli e gli sfavoriti, lo studio, verso lo studio del cultural heritage dell’Italia. Questa parte che definisco italo-americana è una parte vitale, insostituibile”.
Alle associazioni italo-americane “direi di continuare negli sforzi che stanno facendo, alcune sono più avanti, altre sono più indietro, di collegamenti maggiori con l’Italia di oggi. Ovviamente è uno sforzo che va fatto nelle due direzioni, è uno sforzo che non possiamo chiedere soltanto alle associazioni, possiamo anche noi come Consolato aiutare a trovare delle soluzioni. Insieme alla squadra consolare possiamo aiutare a facilitare i contatti con le realtà italiane ed aumentare le occasioni di incontro. C’è la consapevolezza e il desiderio di fare corsi di studio in Italia, di capire che l’Italia nel 2017 è ovviamente diversa dal contesto in cui le associazioni sono state fondate all’epoca”.
Il Console auspica un supplemento di risorse per la rete consolare: “Credo che per rafforzare la qualità a un livello sempre maggiore dei servizi consolari si richieda ovviamente un supplemento di risorse che noi auspichiamo, che crediamo sia necessario per far fronte alla domanda crescente che c’è di servizi consolari, che vanno dall’acquisizione sempre maggiore di cittadini italiani che richiedono servizi consolari al fatto che ci sono sempre più italiani che vivono qui, quindi è sempre auspicabile un adeguamento delle risorse. Però allo stesso tempo siamo molto realisti sulla situazione”.
Aiutano i parlamentari eletti all’estero? “C’è un grande lavoro da parte loro basato su una grande consapevolezza e conoscenza della situazione. Io ho esercitato incarichi al Ministero degli Esteri negli anni passati, che mi hanno molto portato a seguire le attività parlamentari, quindi…”. Lei è un esperto, incalza il giornalista. Sì, replica il diplomatico, “dei vincoli di bilancio e delle difficoltà in generale della parte internazionale esteri nell’assegnazione delle risorse”.
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