Il dibattito sullo Ius soli sembra quasi una congiura, perché nasce in Italia quando nel resto dell’Europa in molti vogliono fare un passo indietro e ripensare politiche d’integrazione più efficaci. In Germania la Merkel ha parlato di “fallimento del multiculturalismo’’; in Francia, la rivolta delle banlieux insieme a un forte sentimento di disintegrazione sociale ha portato Sarkozy a voler aprire un dibattito sull’”identità nazionale’’.
Lo Ius Soli sarebbe un ennesimo autogol dell’Italia, un errore madornale, pari al no al nucleare che ancora oggi mette l’Italia in una posizione strategica subalterna rispetto agli altri grandi Paesi europei (un recente rapporto della Banca d’Italia mette in luce il fatto che tra le cause che frenano la competitività dell’Italia, il fattore più determinante è l’eccessivo costo dell’energia). La rinuncia allo Ius sanguinis, con lo sviluppo di quella subcultura ateo-progressista nata nel ’68, avrebbe come risultato un’accelerazione del disfacimento del tessuto sociale italiano, già messo a dura prova dell’attuale crisi economica.
L’Italia, rispetto al resto dell’Europa, ha saputo conservare la sua identità e i suoi valori sociali, civici e familiari che prendono le loro radici nella secolare cultura cristiana e ha saputo adattarli con originalità al modernismo democratico-liberale. E’ certamente necessario che l’Italia e gli italiani, come avviene in ogni società evoluta, rispondano con criterio e intelligenza alle nuove sfide del nostro tempo. Bisogna quindi trovare il modo di costruire una società armoniosa e di integrare coloro che sentono nell’Italia la loro nuova Patria.
Lo Ius soli non va in questa direzione, anzi, non fa altro che creare uomini e donne senza identità, o con doppie inconciliabili identità. Avere milioni di italiani sulla carta, ma non di fatto, non farà dell’Italia un Paese migliore, ma soltanto una nazione ancor più confusa e divisa. Con lo Ius soli, il nostro Paese non sarà più nostro.
Discussione su questo articolo