Mentre gridava slogan a favore del Dalai Lama, il leader tibetano in esilio dal 1959, e contro la ‘repressione’ della Cina, un monaco di 20 anni di nome Sherab si e’ suicidato dandosi fuoco a Cha, nella contea di Aba (Ngaba in tibetano), nella provincia cinese del Sichuan.
Con quella di Sherab, che ha compiuto l’ ‘autoimmolazione’ ieri, sono trenta i tibetani che hanno scelto questa estrema forma di protesta negli ultimi 12 mesi.
Se si prendono in considerazione il primo ‘autoimmolato’, un monaco chiamato Tapey che ha agito nel 2009, e il rifugiato in India Jamphel Yeshi, che ha voluto protestare contro la visita a New Delhi del presidente cinese Hu Jintao, le ‘autoimmolazioni’ sono state trentadue.
La maggioranza (19) sono avvenute nelle aree a popolazione tibetana del Sichuan, altre si sono verificate nelle province del Qinghai e del Gansu e nella Regione autonoma del Tibet.
Almeno 23 degli ‘autoimmolati’ – 27 uomini e cinque donne – sono morti, secondo il gruppo Campagna internazionale per il Tibet. Degli altri si ignora la sorte, anche perchè molti di loro sono in ospedale, piantonati dalla polizia.
Ecco le piu’ recenti ‘autoimmolazioni’, che hanno preceduto quelle di Sherab e di Jamphel Yeshi: – 14 marzo – Jamyang Palden, un monaco di 30 anni del monastero di Rongwo, nella contea di Tongren, nel Qinghai. Si ritiene sia sopravvissuto.
– 10 marzo – Gepey, 18 anni, monaco del monastero di Kirti, che si trova ad Aba. E’ morto.
– 6 marzo – Dorjee, 18 anni, di Aba.
– 4 marzo – Rinchen, un civile della provincia di Aba.
– 3 marzo Tsering Kyi, una studentessa di 20 anni, di Maqu, nella provincia del Gansu.
Sempre secondo la Campagna internazionale per il Tibet, in febbraio si sono infine verificate sei ‘autoimmolazioni’.
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