Lo scontro feroce tra correnti nel Pd travolge la compagine romana: nella capitale viene decapitato in una sera tutto l’esecutivo, a cominciare dal segretario Marco Miccoli, un bersaniano doc, costretto a dimettersi ma pronto a ‘sostenere Ignazio Marino fino alla fine perche’ Roma va riconquistata’. E Marino, in campagna elettorale con un partito nazionale nella tempesta e quello locale azzerato, taglia corto: ‘non mi occupo di queste beghe ma dei romani’. Il colpo di scena arriva dalla Commissione di garanzia, guidata da Alberto Tanzilli, esponente di area popolare, che decide di applicare la norma dello statuto sull’incompatibilita’ tra cariche elettive e ruoli dirigenziali. A cascata, dopo Miccoli, decade tutto l’esecutivo e il partito della capitale si ritrova senza dirigenza. Norme e statuto, all’origine della decisione. Tanto che la commissione dei garanti fa sapere che Miccoli era decaduto gia’ il 13 marzo e che ieri sera ‘la questione e’ stata solo ribadita’. Ma l’accelerazione delle ultime ore si consuma nello scenario di una faida tra bersaniani, quelli della segreteria, e popolari-renziani, questi ultimi, dicono, esclusi quasi in massa dalle liste dei municipi.
Uno scontro sanguinoso che impone l’intervento del segretario regionale Enrico Gasbarra che invoca una pax elettorale: ‘abbiamo un partito da sostenere e Marino da far vincere. Le lotte interne non possono avere spazio’. Parole che spingono la commissione dei garanti a precisare che ‘l’esecutivo cittadino e’ in carica fino all’assemblea che decidera’ il segretario’. Ma la miccia e’ accesa. E Miccoli rassegna le sue dimissioni.
Le liste in vista delle amministrative saranno chiuse dal presidente dell’assemblea romana del partito Eugenio Patane’. E proprio le liste sarebbero al centro della faida: popolari e renziani avrebbero lamentato l’esclusione di propri rappresentanti da quelle dei Municipi presentando ricorsi alla Commissione di garanzia. Ma lo scontento gia’ serpeggiava per come erano state ‘confezionate’ le liste per le Parlamentarie.
Gli espulsi ora si appellano a Gasbarra e chiedono una ‘convocazione urgente di tutte le aree del Pd e un confronto serio per il ripristino delle regole interne’. Un chiarimento lo chiede anche Umberto Marroni, capogruppo in Campidoglio ed neoparlamentare. Intanto Ignazio Marino, con un partito nazionale in forse e uno romano impegnato in una guerra interna, continua la sua corsa al Campidoglio che potrebbe complicarsi ‘Il mio partito e’ Roma’, dice da giorni. Il suo nuovo slogan dopo ‘Daje’.
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