Ormai, tra CSI, NCIS, ed altri telefilm di contenuto “Crime” che trattano indagini poliziesche e processi ambientati negli Stati Uniti, i cittadini italiani sono diventati espertissimi su come si rilevino, si scoprano, si raccolgano e si presentino le prove in un tribunale. Tassativa è la prova a fronte dell’asserzione di un testimone, ma non solo: la prova, per essere considerata tale in sede di processo, deve avere un valore giuridico di attendibilità e di sicurezza nella manipolazione da parte degli organi inquisitori. Quante volte abbiamo sentito dire in quei telefilm che una prova era stata inficiata, in quanto trattata malamente o non prelevata con accuratezza secondo quanto previsto da una normativa ben precisa?
Il punto infatti è proprio questo: qualsiasi affermazione deve essere supportata da un fatto, da un avvenimento comprovato, da una prova, insomma, inoppugnabile. Una firma, le impronte digitali, il DNA, una registrazione video, audio; una foto, una testimonianza avallata a sua volta da una prova sulla effettiva presenza del testimone. Tutto ciò è quello che gli americani definiscono: la presenza della pistola fumante (con le impronte digitali e con i residui di sparo sulla mano che ha sparato) che offre la certezza della colpevolezza dell’imputato. Senza queste certezze, nei telefilm made in USA, l’indagato viene sempre liberato da qualsiasi addebito.
Quando, invece, un “tizio” viene condannato in assenza assoluta di prove comprovate, in mancanza di un qualsiasi riscontro generico del reato commesso, in mancanza o con la poca attendibilità di eventuali testimoni (di parte) o addirittura in mancanza persino sia dello stesso atto criminale che dell’eventuale denuncia di un eventuale danneggiato; ebbene, quando succede tutto questo (ed altro) vuol dire che non si tratta di film statunitensi ma di una raccolta di racconti macabri d’horror di fantascienza italiana (altroché Kazakistan, Uzbekistan o primavere arabe…).
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