Pubblichiamo qui di seguito un articolo apparso sulla testata online Lettera43, a firma di Francesco Giappichini, convinti che possa interessare ai connazionali residenti nei Caraibi, e non solo a loro. Ringraziamo i colleghi di Lettera43 per avere voluto dare spazio alla vicenda che riguarda da vicino decine di migliaia di italiani residenti nella circoscrizione consolare di Santo Domingo.
Nei giorni scorsi il Consiglio dei Ministri, in attuazione del decreto legge n. 95 del 2012 – quello della cosiddetta spending review – ha deliberato la soppressione delle Ambasciate in Repubblica dominicana e in Honduras dal 1° gennaio 2015. Il documento governativo – sia detto per inciso – fa riferimento anche alle sedi in Islanda e Mauritania, la cui chiusura provocherà ben pochi disagi. Infatti, non erano mai state aperte. La decisione ha fatto infuriare la comunità dei residenti italiani in Repubblica dominicana, e a dar voce al malcontento è stato in primis il portale ItaliaChiamaItalia.
Questo giornale online, con sede (formale o sostanziale poco importa) nel Paese caraibico, è diretto da Ricky Filosa – Coordinatore per il Centro America del Movimento associativo italiani all’estero (Maie) – ed è rivolto precipuamente agli italiani residenti all’estero, e alle questioni di loro interesse. Un organo d’informazione che vede come il fumo negli occhi tutto quanto appare di sinistra, e ci sembra troppo schierato politicamente: l’editorialista Ermanno Filosa, sino a un paio di anni fa, era responsabile del Popolo delle libertà (Pdl) per Repubblica Dominicana e Caraibi, oltre che presidente degli Azzurri nel mondo della Repubblica Dominicana. Tuttavia siamo di fronte a un importante punto di riferimento, per chi voglia sapere che vento tira dalle parti degli «italiani nel mondo».
La campagna contro la chiusura della sede dominicana è iniziata sin dal dicembre 2013, quando hanno cominciato a circolare i relativi rumors: sono stati scritti vari articoli di denuncia sull’argomento, ed è stata presentata una petizione che ha raccolto oltre settecento firme.
Nel testo – indirizzato all’allora presidente del Consiglio, Enrico Letta, e al ministro degli Esteri dell’epoca, Emma Bonino – si legge quanto segue: «La circoscrizione consolare comprende diverse isole dei Caraibi, fra cui Giamaica, Antigua, Bermuda. La Repubblica Dominicana, da sola, riceve oltre 100mila turisti italiani ogni anno, un numero destinato a crescere. Nella RD vivono circa 50mila italiani, di cui quasi 10mila regolarmente iscritti all’Aire. I rapporti fra RD e Italia sono in costante crescita». E il testo prosegue con altri argomenti contro la soppressione.
Poi però arriva la firma definitiva del capo della Farnesina, Federica Mogherini. Così la testata parte in quarta, e ricorda a tutti quanto la Comunità italiana sia «incazzata» per un tale «schiaffo» – non dovrebbe rimanere neppure un Ufficio consolare – e soprattutto quanto sia confusa per l’incertezza sul futuro. Si ventila che la competenza sull’isola di Hispaniola passerà alla sede panamense, che dovrebbe istituire una sorta di sezione distaccata; insomma il solito pasticcio all’italiana, che provocherà gravi disagi sia ai nostri connazionali – per rinnovare un passaporto, una carta d’identità, o per certificare una firma – ma anche agli stessi dominicani.
Per quanto ci riguarda, condividiamo l’indignazione dei Filosa & company, e abbiamo anche firmato l’ormai inutile petizione. Giacché si potevano e dovevano ridurre i costi della casta diplomatico-consolare, senza però aggravare i disagi dei cittadini. E poi, se è giusto spogliare il servizio diplomatico dei ben noti orpelli, va ricordato che solo un ambasciatore accreditato ha diritto di instaurare un rapporto diretto col Dicastero degli Esteri del Governo locale: essere convocato, oppure chiedere di essere ricevuto, e così via. Potevano almeno nominarvi un brillante neolaureato, mi viene da dire.
Oltretutto la decisione può essere letta dal Paese ospitante come uno sgarbo, con tutte le conseguenze immaginabili, sul piano sia politico sia soprattutto commerciale. Del resto è soprattutto con i contatti giusti, che si prevengono casi come quello dei due marò bloccati in India. E’ però difficile far capire questi concetti in una Nazione, ove l’ideologia che predomina è il provincialismo. Una malattia difficile da estirpare.
L’Italia ha conosciuto solo marginalmente il fenomeno dell’emigrazione della classe media, borghese e produttiva: l’unico settore che avrebbe saputo imporre quel rispetto, che tutti gli italiani all’estero meritano.
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