L’aggravante mafiosa? "Credo fosse addirittura paradossale". Ed i suoi rapporti con Chiara Rizzo? Sono stati interrotti? "Ma di cosa parliamo, di cosa parliamo". Claudio Scajola, anche a causa del regime di arresti domiciliari cui e’ sottoposto, si impone di non parlare, ma al termine della prima udienza del processo davanti ai giudici del Tribunale di Reggio Calabria per i presunti aiuti alla latitanza di Amedeo Matacena, un paio di battute le dice ai cronisti che insistono a fargli domande.
Sorridente, apparso sereno, Scajola e’ giunto al palazzo del Cedir, sede degli uffici giudiziari reggini, poco dopo le 9, accompagnato dai suoi avvocati Giorgio Perroni e Patrizia Morelli – in sostituzione di Elisabetta Busuito – limitandosi ad un buongiorno a cronisti e telecamere che lo attendevano. In aula non ha trovato la sua coimputata, la segretaria di Matacena Maria Grazia Fiordalisi, e neanche Chiara Rizzo – che sara’ giudicata in abbreviato – la "femme fatale" della quale, a detta dei suoi avvocati, si era invaghito a tal punto da prometterle un aiuto, pur non essendo realmente intenzionato a farlo, per il marito rifugiato a Dubai dopo la condanna definitiva a 5 anni, poi ridotti a 3, per concorso esterno in associazione mafiosa. I due, tuttavia, potrebbero presto tornare ad incrociare lo sguardo, dal momento che Chiara Rizzo e’ nell’elenco dei testimoni chiamati a deporre proprio dai legali di Scajola.
Oltre a lei, tra i circa 220 testi indicati da accusa e difesa, figurano anche l’ex presidente libanese Amin Gemayel e l’imprenditore catanzarese, ma residente in Libano, Vincenzo Speziali, che i legali dell’ex ministro dell’Interno intendono ascoltare per chiarire i rapporti con il loro assistito e la paternita’ di un fax – che l’accusa attribuisce proprio a Gemayel – in cui si parla dello spostamento di Matacena da Dubai in Libano. Che e’ il nocciolo dell’accusa contestata a Scajola.
La giornata e’ stata caratterizzata, oltre che dalla prima udienza del processo, anche dalla decisione del tribunale del riesame di dichiarare inammissibile, "per carenza di interesse", il ricorso presentato dalla Dda di Reggio Calabria contro la decisione del gip che, emettendo le misure cautelari eseguite l’8 maggio, aveva escluso l’aggravante mafiosa. "Una decisione molto importante perche’ per il momento mette la parola fine al discorso", e’ stato il commento dell’avv. Perroni. "Non cambia nulla – ha ribattuto il pm Giuseppe Lombardo – visto che i giudici hanno deciso che in questo momento non possono decidere ne’ in un senso ne’ nell’altro". Ed infatti, sono gli stessi giudici del riesame che al termine delle motivazioni, dicono di "non sconoscere che il pm ha la facolta’ di modificare il capo di imputazione nel corso del giudizio di merito".
La prima udienza del processo, intanto, e’ stata dedicata alle eccezioni preliminari, con le difese impegnate a dimostrare la nullita’ del rito immediato. Eccezioni che hanno fatto dire al pm "e’ la prima volta che mi sento rimproverare di essere stato celere, tempestivo e di non avere sperperato risorse pubbliche, ma in un sistema come il nostro puo’ succedere anche questo". La decisione del tribunale e’ stata di segno opposto a quello voluto dalle difese. L’unica concessione e’ stata il rinvio al 6 novembre per consentire che tutti gli atti arrivino al fascicolo del dibattimento. Poi si andra’ avanti con una udienza a settimana. E Scajola sara’ sempre presente perche’, si e’ lasciato scappare davanti ai microfoni di Sky, "da uomo delle istituzioni comunque le rispetto" e perche’, come ha detto il suo avvocato, vuole "fare emergere la verita’". Che e’ diametralmente opposta a quella delineata dalla Procura distrettuale reggina.
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