Il problema non e’ la Grecia ma l’Europa. E’ il verdetto allarmante, e un po’ paradossale, delle elezioni elleniche. Come dice Mario Monti, al termine di una nuova giornata di ribassi borsistici, per convincere i mercati e’ necessaria l’unione politica europea. L’unica garanzia giudicata credibile dagli investitori. Da Los Cabos, dove e’ in corso il G20, il Professore aggiunge due elementi importanti: c’e’ ormai un’interdipendenza globale dei problemi; la crisi non nasce in Europa ma negli Stati Uniti. Il sottinteso e’ che i ripetuti allarmi di Barack Obama non possono riguardare solo il vecchio Continente ma devono mettere al centro tutta l’economia occidentale e quella americana in particolare. Tuttavia le osservazioni del premier italiano sono passate per ora un po’ sotto traccia. L’impressione e’ che il G20 abbia preferito mettere sul banco degli imputati l’intera Unione europea alla ricerca della mitica pallottola d’argento, il colpo decisivo che possa superare la crisi internazionale. Con quali risultati lo si vedra’ ben presto. Ma si possono gia’ formulare alcuni rilievi poco tranquillizzanti: il piano da 120 miliardi inviato da Francois Hollande alle cancellerie europee, contenente interventi immediati e concreti per la crescita, non ha avuto finora risposte concrete, soprattutto da Berlino. Lo stesso Monti, che aveva parlato di fortissima sintonia con l’Eliseo, non lo ha esplicitamente abbracciato.
Alla quadrilaterale di Roma ci si avvicina a piccoli passi e sul tavolo del vertice europeo di fine mese non sembra ancora esserci un vero provvedimento di svolta. Jose’ Manuel Barroso ha spiegato che le proposte per l’unione bancaria e fiscale, il vero firewall anticontagio, non arriveranno prima dell’autunno e solo dopo si potra’ parlare di forme di mutualizzazione del debito. Si parla di un nuovo serpentone monetario in funzione antispread (un neo-Sme), gli eurobond light restano tra le proposte nel limbo. Ma davvero l’Ue puo’ permettersi queste schermaglie per alcuni mesi, con Grecia e Spagna alle preso con negoziati infiniti sulle forme di rientro del debito? Di forme di unione politica o di federazione non parla nessuno. Il sospetto che la vittoria degli europeisti ad Atene non sia servita a niente si fa strada tra le forze politiche.
Monti vorrebbe presentarsi al vertice di fine mese alla testa del Paese piu’ virtuoso dell’Unione. Finora l’Italia e’ sempre stata tra i primi nell’applicazione degli accordi sottoscritti. Tuttavia la tela di Penelope diplomatica rischia di logorarne sempre piu’ il consenso. Per esempio, la sua richiesta di presentarsi a Bruxelles con la riforma del lavoro approvata dal Parlamento e’ stata oggetto di commenti agrodolci: da un lato ci si rende conto che l’unico modo di rafforzare davvero l’immagine del governo tecnico e’ con i fatti e non con le mozioni di indirizzo che lasciano il tempo che trovano; dall’altro Pdl e Pd pagano ogni giorno un prezzo piu’ salato ai professori e gia’ in luglio potrebbero essere tentati di ricontrattarne il programma. Ecco perche’ Pierferdinando Casini propone di compiere un ultimo sforzo approvando la riforma del lavoro (nonostante le fortissime resistenze dell’opposizione) e di aprire poi la verifica (il ‘tagliando’ nel suo lessico aggiornato). Cosa che potrebbe essere possibile, lasciano capire Pdl e Pd, con un accordo contestuale sugli esodati da inserire nel decreto sviluppo. L’elemento di fondo, forse prematuro ma sul quale nessuno si sofferma volutamente, e’ che il cratere della crisi – per usare la metafora montiana – si sta allargando e ci insegue. Se le cose stanno davvero cosi’, e’ difficile pensare che la coalizione che fin qui ha sorretto il governo del Presidente possa tornare a dividersi nel mezzo della tempesta. Le larghe intese serviranno ancora a lungo (come in Grecia del resto) per aiutare il Paese a non naufragare.
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