Soffiano venti secessionisti sull’America: all’indomani della rielezione di Barack Obama a presidente degli Stati Uniti ben 100.000 cittadini Usa, residenti in 20 diversi Stati, hanno firmato petizioni in cui si chiede la secessione dal governo federale. Nessuno documento cita la vittoria di Obama a sostegno della richiesta di ‘separazione’ dall’Unione, ma motivazioni varie perlopiu’ economiche e di principio. Poco conta per i secessionisti che la Costituzione Usa non contenga alcuna clausola in cui si prevede la possibile uscita di uno o piu’ Stati dalla confederazione.
In testa, con piu’ di 27.000 firmatari e’ la petizione degli abitanti dello Stato della Stella Solitaria: il Texas dei petrolieri, dei pionieri, dei Bush.
Sull’apposito sito creato dalla Casa Bianca di Obama sotto il titolo ‘We the People’ – con l’intenzione di dare spazio proprio alla voce della gente comune – i texani citano nella richiesta di secessione le ‘difficolta’ finanziarie dell’America’ in contrasto con ‘l’equilibrio di bilancio e la prosperita’ economica del Texas che rendebbe possibile il ritiro dello Stato dall’Unione, al fine di proteggere gli standard di vita dei propri cittadini ed assicurare loro i diritti alla liberta’ in accordo con i principi dei Padri Fondatori’.
Proprio le 27.000 firme fanno ritenere che l’amministrazione Obama rispondera’ in qualche modo alla petizione: secondo una regola autoimposta, infatti, la Casa Bianca usualmente replica alle richieste che riescono ad ottenere piu’ di 25.000 sottoscrittori nel giro di 30 giorni. E vicino allo stesso traguardo sta arrivando un altro Stato del profondo Sud: la Louisiana.
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