Quando il padre ha tagliato loro la gola, Ahmed, otto anni, e la sorella Jihane, 12, indossavano il pigiama. Soli, ieri sera, nella piccola casa alla periferia di Umbertide che la madre aveva preso in affitto dopo avere lasciato il marito, Mustapha Hajjaji, manovale di 44 anni da tempo disoccupato. E proprio la scelta di chiudere il rapporto – ritengono i carabinieri – ha scatenato il risentimento dell’uomo, il cui primo obiettivo era probabilmente la ormai ex compagna – come farebbe pensare anche quel ‘ti amo’ in arabo scritto con il sangue su un mobile – che, non trovandola, si e’ accanito sui figli in una sorta di vendetta. Dopo avere tentato il suicidio, e’ ora in stato di arresto in ospedale con l’accusa di duplice omicidio. Sedato e intubato ma in condizioni ‘non critiche’ spiegano i medici. Forse tra qualche giorno potra’ essere lui stesso a spiegare perche’ ieri sera abbia improvvisamente deciso di uccidere i suoi bambini.
Il risentimento continua a essere la pista privilegiata per il movente del duplice omicidio. I militari – coordinati dal sostituto procuratore di Perugia Mario Formisano – stanno esaminando alcuni scritti, sempre in arabo, lasciati dal manovale. Elementi che porterebbero a ipotizzare che fosse la moglie trentaquattrenne, marocchina come il marito, il suo primo obiettivo. Con la donna c’ erano stati in passato alcuni screzi (sfociati in una denuncia del nordafricano), legati anche alla sua scelta di non indossare il velo, ma nessuno ritenuto tale da spingerlo a scatenare una simile violenza. Mai i problemi – e’ emerso dagli accertamenti – avevano riguardato i figli. Con i quali Mustapha si era sempre dimostrato – dicono i vicini – ‘padre premuroso’. Una ‘questione familiare’ nella quale ‘la religione non c’entra’ dicono i frequentatori del Centro culturale islamico di via della Fraternita’, a Citta’ di Castello.
Ieri sera pero’ Hajjaji ha lasciato il quartiere tifernate di San Pio raggiungendo la casa alla periferia della non lontana Umbertide dove la moglie (sposata in Marocco) si era trasferita all’inizio del mese (in mattinata aveva chiesto formalmente in Comune la residenza li’). Non e’ chiaro se sapesse che la donna era al lavoro, come cameriera, in un ristorante. Ad aprirgli sono stati comunque i figli, che erano soli. Cosa sia successo in quei momenti e’ ancora al vaglio dei carabinieri. I due piccoli cadaveri, e il padre ferito, sono stati trovati nel bagno che aveva la porta chiusa cosi’ come quella d’ingresso dell’appartamento (senza alcun segno di effrazione che lasci spazio ad altre ipotesi). A far scattare i soccorsi e’ stato lo stesso marocchino chiamando la moglie al lavoro e annunciandole di volersi suicidare. La donna ha cosi’ avvertito il 118 che si e’ recato alla casa del manovale a Citta’ di Castello, risultata pero’ vuota. I carabinieri hanno quindi accertato che la chiamata era partita dall’appartamentino di Umbertide e si sono precipitati sul posto insieme al personale sanitario proprio mentre i vicini udivano alcune urla.
Sfondate le porte i soccorritori si sono trovati davanti un vero e proprio lago di sangue. Per Ahmed e Jihane ancora avvolti nei loro pigiami non c’ era piu’ niente da fare. Poco lontano quel ‘ti amo’ scritto con il sangue su un tavolo dell’ingresso.
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