La Tunisia si è dotata di un nuovo governo, il primo della II Repubblica come lo definiscono da queste parti. Conclusa dunque positivamente la lunga fase della cosiddetta transizione democratica durata oltre tre anni, il nuovo esecutivo si appresta ad affrontare una serie di sfide tra le quali quelle dell’economia, della sicurezza e della lotta al terrorismo di stampo jihadista. Queste le priorità del governo di coalizione tunisino guidato da Habib Essid che ha ottenuto il 5 febbraio scorso la fiducia del Parlamento con un ampio margine di voti, 166 su 204 presenti alla votazione. A guidare l’esecutivo un uomo di lunga esperienza, come Habib Essid, ministro dell’Interno nel primo governo post-rivoluzionario che è riuscito a comporre un governo di coalizione che include in gran parte politici ma anche personalità tecniche.
Si tratta di un governo composto da 27 ministri e 14 segretari di Stato, di cui 3 le donne ministro e 5 con incarichi da sottosegretario. A farla da padrone ovviamente sono i laici di Nidaa Tounes, il partito vincitore delle ultime elezioni con alcuni ministeri chiave – Finanza, Esteri, ma la coalizione comprende anche i partiti Afek Tounes (3 ministri), l’Upl (Union Patriotique Libre) e l’islamico Ennhadha (un ministro, Lavoro e Formazione e tre segretari di Stato). La caratteristica più originale di questo governo, definito di coalizione, è quella di comprendere al suo interno anche rappresentanti di Ennhadha, una soluzione forse più che un problema per Essid che gli consente di poter contare su una certa maggioranza di voti in parlamento. Del resto una sorta di governo di “grandi alleanze” era necessaria soprattutto perché Nidaa Tounes con i suoi 89 seggi su 217 in Parlamento non avrebbe potuto governare da solo, anche se questo allargamento causa malumori all’interno dei partiti Nidaa ed Ennhadha e alle loro basi. Agli indipendenti vanno i dicasteri di Difesa, Interno e Giustizia.
Una “maggioranza rassicurante”, l’ha definita il presidente del Parlamento Mohamed Ennaceur. Rassicurante soprattutto per una comunità internazionale che considera la Tunisia l’unico successo della cosiddetta primavera araba, iniziata proprio nel Paese nordafricano. In Tunisia poco più di un anno fa è stata ratificata una Costituzione considerata un esempio di laicità tra quelle del mondo arabo e si registra una maggiore libertà rispetto al 2011, ma ancora molta è la strada da fare in vari campi ed i primi problemi di questi giorni nel sud del paese con tensioni dovute a problemi legati al traffico di merci ai valici con la Libia che hanno visto un morto tra i manifestanti e forze dell’ordine lo dimostrano.
Essid presentando il suo programma di governo in aula ha ribadito la sua determinazione a rispettare le aspirazioni di tutti i cittadini, secondo un calendario prestabilito e obiettivi specifici. Tra le priorità la lotta al terrorismo, con l’approvazione nel più breve tempo possibile della nuova legge antiterrorismo e della protezione degli agenti delle forze dell’ordine, la promessa di riforme strutturali urgenti in campo economico per consentire la ripresa del Paese, un piano per preservare il potere d’acquisto delle famiglie, la lotta al contrabbando, una maggiore cooperazione con i paesi vicini e la lotta alla corruzione. Il premier designato ha promesso nel contempo di voler restare fedele ai sacrifici e agli obiettivi della rivoluzione continuando da un lato ad aiutare le famiglie dei martiri e dei feriti della rivoluzione e d’altro lato ad impegnarsi al massimo per arrivare alla verità sugli omicidi dei due deputati Chokri Belaid e Mohamed Brahmi.
Essid nel suo discorso ha evocato inoltre la grave crisi ambientale ed il problema della gestione dei rifiuti che affligge la Tunisia annunciando il lancio di una campagna nazionale a livello di tutte le delegazioni speciali, in attesa dello svolgimento delle prossime elezioni comunali. Sono molte le sfide che attendono questo governo, a partire dalla grave crisi economica e di sicurezza, che richiedono azioni determinate per avviare quelle riforme necessarie per far ripartire il Paese. In un certo senso, ha prevalso il pragmatismo, come se si fosse consapevoli che la Tunisia abbia finito definitivamente la cosiddetta fase della transizione democratica e che sia arrivato il tempo di affrontare la transizione socioeconomica senza la quale i rischi di instabilità endemica possono compromettere fortemente questi primi passi democratici.
*Circolo Pd Valenzi, Tunisi
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