Scorrono le immagini de "La grande bellezza", con un Jep Gambardella che passeggia sulla banchina del Tevere in una Roma avvolta dalla luce del tramonto. Con la proiezione di questa sequenza tratta dal film vincitore dell’Oscar si è aperta la cerimonia, nell’aula Giulio Cesare del Campidoglio, per il conferimento della cittadinanza onoraria di Roma a Paolo Sorrentino. "Sarebbe facile aprire una cerimonia di premiazione a Paolo Sorrentino lodandone i film ma il modo più appropriato per farlo è ricordare che Sorrentino è l’ultimo di una serie di intellettuali che – ha raccontato Carlo Verdone -, pur non essendo romani hanno saputo catturare il movimento e le atmosfere, l’anima e il paesaggio di un Roma che chi ci vive conosce bene".
"La Grande Bellezza è sicuramente un monumento cinematografico al magnetismo della nostra città, che diviene lo splendido e metaforico scenario dei sentimenti umani, della solitudine e dello smarrimento dell’uomo moderno", ha spiegato il sindaco di Roma Ignazio Marino.
"L’anima sublime e intima di Roma, con i suoi contrasti angosciosi – ha continuato Marino – è così immersa dentro un patrimonio che ci rende ricchi, ma che dobbiamo imparare a utilizzare meglio".
Dopo aver ricevuto la pergamena e la lupa capitolina, simboli della cittadinanza di Roma, Sorrentino, con l’imbarazzo e la modestia che lo contraddistingue nei momenti ufficiali, ha preso la parola davanti alla platea di consiglieri, giornalisti e altri invitati: "Ieri sera, preso dall’ansia, ho commesso il grave errore di farmi mandare la lista delle persone che hanno ricevuto la cittadinanza romana, si comincia con Alessandro Manzoni, si passa a Giuseppe Verdi, Guglielmo Marconi, Roosevelt, Pertini, Rita Levi Montalcini, Napolitano. Allora mi è venuto in mente il titolo di un libro che non ho letto, ‘Che ci faccio qui’ di Bruce Chatwin". Dopo aver raccontato una serie di scene alle quali ha assistito passeggiando per la Capitale e che non ha inserito nel film, Sorrentino ha confessato: "Vivere a Roma è un modo di perdere la vita, diceva Ennio Flaiano, ma dato che la vita prima o poi bisogna perderla, vivere a Roma è una bellissima forma di congedo".
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