Gruppi di ribelli, miliziani jihadisti e qaedisti del Fronte al-Nusra hanno unito le loro forze ad Aleppo, nel Nord della Siria, per lanciare un’offensiva contro i quartieri controllati dai lealisti di Bashar al Assad, che sono stati colpiti da una pioggia di razzi durata tutta la notte, che ha avuto un bilancio di almeno nove civili uccisi. Gli assalitori, hanno detto fonti militari governative, sono stati fermati anche con raid dell’aviazione. Ma in precedenza – secondo l’ong Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus) – erano riusciti ad avanzare nel quartiere di Jamia al-Zahra e avevano ingaggiato combattimenti con i lealisti anche nei pressi dell’antica cittadella della vecchia Aleppo, sito dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’Umanita’, gia’ danneggiata dagli scontri in corso da quasi tre anni e attualmente caposaldo delle forze lealiste.
Almeno 35 combattenti del fronte anti-governativo sono rimasti uccisi, precisa l’Ondus. Mentre non si conoscono le perdite tra i soldati siriani, appoggiati dalle milizie sciite libanesi di Hezbollah. I jihadisti dell’Isis, schierati alcune decine di chilometri a est, a contatto con le forze governative, rimangono per il momento a guardare. Mentre ancora piu’ a nord-est sono impegnati a cercare di fermare l’avanzata delle milizie curde dell’Ypg. Questi ultimi in questi giorni hanno respinto vari tentativi degli uomini del Califfato di riconquistare le citta’ di Kobane e di Tal Abyad, lungo il confine con la Turchia.
Proprio il rafforzamento dell’Ypg, accusato dai turchi di essere affiliato al Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) che dal 1984 si batte contro le autorita’ centrali di Ankara, e’ uno dei motivi che hanno spinto Ankara a rafforzare negli ultimi giorni le difese lungo i propri confini. Le truppe turche non entreranno in Siria "domani o a breve termine", ma "se al di la’ della frontiera ci fosse qualsiasi circostanza che minacci la sicurezza della Turchia, verrebbe dato l’ordine di agire", ha affermato il premier turco dimissionario, Ahmet Davutoglu, dopo che mercoledi’ il Pkk aveva minacciato una "guerra civile" se le forze turche avessero attaccato i territori curdi in Siria.
Gli Usa hanno intanto fatto sapere che un alto esponente dell’Isis, Tareq bin Tahar al Awni al-Harzi, e’ stato ucciso in Siria il 16 giugno da un drone in un raid della Coalizione internazionale a guida americana. Il Pentagono ha precisato che l’attacco e’ avvenuto a Shaddadi, aggiungendo che al-Harzi "era impegnato nella raccolta fondi e nel trasferimento dei combattenti" dell’Isis. Il giorno prima era stato ucciso in un raid nella citta’ irachena di Mosul suo fratello, Ali bin Tahar al-Awni al-Harzi, sospettato di essere coinvolto nell’assalto al consolato Usa di Bengasi nel 2012 in cui morirono quattro americani, tra cui l’ambasciatore Chris Stevens.
Tornano nel frattempo i timori per le rovine romane, Patrimonio dell’Umanita’ Unesco, di Palmira, la citta’ siriana occupata il 20 maggio dall’Isis, che ha gia’ devastato in passato siti archeologici in Iraq. Il direttore nazionale delle antichita’ siriane, Mamoun Abdelkarim, ha denunciato la distruzione sabato scorso di una statua del I secolo a.C. raffigurante la dea preislamica Al Lat sotto forma di leone. I jihadisti hanno inoltre diffuso alcune foto in cui mostrano la distruzione a Manbej, al confine tra Siria e Turchia, di alcune statue che definiscono "provenienti da Palmira", trovate in possesso di un contrabbandiere, che la stessa serie di foto mostra mentre viene frustato.
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