Guerra civile sempre piu’ estesa e abitanti della capitale siriana disperati e in fuga. Mentre l’esercito di Bashar el Assad continua a bombardare le periferie, i ribelli anti-regime hanno fatto altri progressi e hanno percorso la maggior parte dell’autostrada che collega l’aeroporto alla capitale. Sono avanzati nelle ultime 48 ore fino a circa 6 chilometri dal centro di Damasco: hanno superato – secondo testimoni oculari – 24 km, arrivando all’ultimo dei sette cavalcavia dell’autostrada.
Sotto i colpi dell’una o dell’altra parte, i civili continuano a morire: l’agenzia di governo Sana ha riferito di un proiettile di mortaio sparato da ‘terroristi’ che ha centrato una scuola facendo strage tra gli studenti: 28 morti insieme a un insegnante. E poi un giornalista di quotidiano governativo e’ stato ammazzato in un agguato mentre stava andando al lavoro. Trenta morti ai quali se ne aggiungono, secondo i Comitati locali di coordinamenti, almeno altri 58 nell’area di Damasco e altri 35 in varie localita’ del Paese.
Fumo nero e fumo bianco: il primo e’ conseguenza di bombardamenti ‘tradizionali’, il secondo e’ causato dall’esplosione di barili-bomba, pieni di dinamite e pezzi di ferro. A Damasco gli abitanti sono ormai abituati a riconoscere gli ordigni sganciati sui sobborghi della capitale. Maher, la moglie Hamra e la figlioletta Salma, di appena un anno e mezzo, sono arrivati a Beirut dopo un viaggio-odissea durato piu’ di cinque ore, lungo una strada che in tempi normali si percorre in meno di due ore. ‘Al posto di frontiera c’era una ressa enorme. Tutta gente che fuggiva’, dice Hamra appena scesa da un taxi collettivo alla stazione centrale di Beirut.
Maher scarica l’unica valigia che ha portato: ‘Vorremmo rimanere qualche giorno per respirare un po’, per dare a nostra figlia qualche ora di tregua dai boati delle esplosioni’. Ma nessuno sa potranno tornare nella loro Damasco.
Maher conosce quattro lingue ed e’ fortunato rispetto a molti altri siriani: continua a lavorare in un’organizzazione non governativa francese che sostiene la Mezzaluna rossa siriana. ‘Ma forse da domenica anche per me non ci sara’ piu’ posto’. Il suo ufficio e’ lungo la strada dell’aeroporto.
‘Ormai e’ quasi del tutto conquistata dai rivoluzionari’, racconta Maher e ricorda che la zona e’ immersa nella Ghuta, l’antica oasi che circondava la citta’ e che e’ stata sin dal 2011 solidale con le proteste anti-regime, represse nel sangue e trasformatesi in rivolta armata.
‘La sensazione a Damasco e’ che i ribelli siano alle porte, ma non sappiamo quanto quelli del regime potranno resistere. Non credete a chi dice che Assad sta per cadere. Gli shabbiha (i miliziani lealisti) sono pronti a tutto – spiega Hamra – Se possono lanciare barili-bomba sulle case dei civili nulla e’ piu’ vietato. Tutto e’ lecito per loro’.
A Damasco abitano in un quartiere a ridosso della citta’ vecchia ancora poco toccato dalle violenze. ‘Ma ogni giorno arriva l’esercito che cerca persone da arrestare – racconta Hamra – Stamani, prima di partire, sono tornati e ci hanno fatto problemi perche’ ospitiamo due famiglie di Zamalka’, uno dei sobborghi orientali di Damasco.
‘Damasco e’ piena di profughi non solo della periferia ma di tutta le regioni siriane. Ci sono case dove sono ammassate anche sei o sette famiglie’, afferma la donna. Ma ora chi puo’ si prepara a scappare anche da Damasco. ‘Alla frontiera era pieno di famiglie che fuggono verso l’Egitto. Vanno all’aeroporto di Beirut perche’ quello di Damasco e’ chiuso’.
Il Libano poi e’ troppo caro per la stragrande maggioranza dei siriani in fuga. ‘L’Egitto e’ il meno caro. Chi puo’ va in Libia o in Sudan’. Ma molti altri, come Hamra e Maher, non hanno ancora il passaporto rinnovato e quindi, per ora, possono andare solo in Libano, dove i siriani entrano con la carta d’identita’.
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