Lo scorso 22 febbraio una delegazione parlamentare italiana avrebbe dovuto incontrare a Santo Domingo il presidente della Repubblica Dominicana, Danilo Medina, insieme al ministro degli Esteri dominicano, per discutere il caso che riguarda la chiusura dell’ambasciata italiana nell’isola caraibica. Tutto però è saltato. Perché? La responsabilità del fallimento di una missione politico-diplomatica impegnativa e di grande utilità è da attribuire al presidente del Senato italiano, Pietro Grasso. Ma andiamo con ordine.
Dopo diversi incontri tra parlamentari dominicani e italiani, avvenuti durante una visita a Roma di una delegazione della Repubblica Dominicana, il senatore dominicano di Monte Plata Charlie Mariotti, presidente della Comision de Industria, Comercio y Zonas Francas, scrive al senatore di Forza Italia Lucio Malan, presidente della associazione parlamentare di amicizia Italia-RD, e al senatore del Pd Vincenzo Cuomo per invitarli nella Repubblica Dominicana.
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L’invito ha lo scopo di continuare a studiare il caso della chiusura dell’ambasciata italiana e le conseguenze che tale decisione del governo italiano ha portato nei confronti della comunità italiana locale e nelle relazioni bilaterali, dal punto di vista politica ed economico, tra i due Paesi.
Il senatore Mariotti, nella lettera – che ItaliaChiamaItalia ha visionato in esclusiva – inviata ai senatori italiani, scrive: “In relazione alla chiusura dell’ambasciata italiana nella Repubblica Domenicana, formalizzata lo scorso 31 dicembre, facendo seguito ai colloqui intercorsi e alla missione di questo Senato in Italia, saremo lieti di ospitarvi per un incontro istituzionale finalizzato alla verifica congiunta degli effetti determinati da tale chiusura nei giorni compresi tra il prossimo 22 ed il 27 febbraio. L’invito nasce dalla opportunità, legata alla già avviata interlocuzione tra le nostre istituzioni parlamentari e le associazioni degli italiani residenti nella Repubblica Dominicana, di verificare, ad un mese dalla chiusura, gli effetti che tale provvedimento ha determinato sulle rispettive comunità nazionali e verificare congiuntamente le iniziative da adottare al fine di ripristinare l’operatività della indispensabile rappresentanza diplomatica italiana nel nostro Paese. Confidando nella sensibilità sinora manifestata – conclude Mariotti -, restiamo in attesa di un riscontro al fine di definire in tempi brevi i dettagli”.
I senatori italiani Malan e Cuomo si presentano quindi dal presidente del Senato italiano, Pietro Grasso, spiegando la situazione. Ma lui li avverte: se volete, potete andarci, ma a spese vostre. Il Senato non coprirà le spese di viaggio né altro. Comprensibile, a questo punto, che i senatori si siano tirati indietro. Sarebbero andati a Santo Domingo per una missione istituzionale, non certo per una vacanza ai Caraibi.
Peccato. Peccato perché sarebbe valsa la pena di spendere qualche migliaio di euro – con tutti i soldi che brucia la politica italiana – per andare a vedere con i propri occhi in quale drammatica situazione sono sprofondati i connazionali della RD dopo la chiusura della sede diplomatica tricolore.
La delegazione italiana sarebbe dovuta partire domenica 22 febbraio. Era persino già stato preparato un programma. Lunedì 23, incontro al Senato della Repubblica Dominicana e incontro con il ministro degli Esteri. Martedì 24, incontro con il presidente della Repubblica Danilo Medina, poi con il presidente di casa d’Italia Enzo Serravalle, infine con il Comitato per la riapertura della ambasciata italiana di Santo Domingo. Mercoledì 25, ancora un incontro, con il vice console italiano e con la comunità italiana a Santo Domingo, quindi con i rappresentanti delle aziende italiane che lavorano nella Repubblica Dominicana. Giovedì 26, sarebbero stati contattati il vice console e la comunità italiana a Punta Cana. Venerdì 27, il vice console e la comunità italiana de La Romana. Il ritorno in Italia era previsto per Sabato 28. Tutto sfumato.
Ancora una volta le richieste dei nostri connazionali residenti nella Repubblica Dominicana e di chi li rappresenta rimangono inascoltate. Spiace che questa volta sia stato un uomo come Grasso a far dipendere una buona causa, di diritto e di giustizia, da una questione economica di poco conto. Ci saremmo aspettati da lui un altro tipo di sensibilità.
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