Si fa presto a scrivere d’economia. In Italia la materia è tanto delicata da non consentire prese di posizione entro poco tempo. Intanto, comunque andranno le cose di casa nostra, l’attendibilità resterà sempre relativa. In primo piano resta, in ogni caso, una stretta fiscale tra le più alte a livello UE. Continuerà, invece, lo stato di disagio sociale che interessa milioni d’italiani. Quando un individuo su cinque non trova più un’occupazione e il 60% dei giovani sotto i 25 anni non ha mai prestato un’attività lavorativa, la crisi si evidenzia anche senza ostentare giri di parole.
Il Prodotto Interno Lordo (PIL) resterà in negativo; almeno sino all’anno prossimo. Gli effetti della recessione dureranno di più dell’esistenza di questo esecutivo che non ha trovato altra via per uscire da una crisi che potrebbe, purtroppo, ancora progredire. Quando la cura è importante, non sempre il paziente la sopporta. E’ quello che è capitato in tutti i settori produttivi della Penisola. Senza troppo clamore, si è ipotecato il presente e il futuro d’almeno una generazione.
La moneta unica, sulla quale avevano puntato i politici della Seconda Repubblica, non può equilibrare l’economia interna italiana senza favorire, per altro, un più armonico rapporto tra importazioni ed esportazioni. Quando non si è in grado di fare i conti oggi, per prepararci ad affrontare il domani, ci sono poche scelte da prendere in considerazione.
I fatti hanno dimostrato, oltre ad ogni ragionevole dubbio, che la riforma del nostro sistema previdenziale non ha fatto altro che accentuare lo stato di malessere della classe lavoratrice. Non è stato possibile fare di più o di meglio. Non c’erano, e non ci sono, le premesse per garantire un futuro più sereno. Al momento della verifica politica dell’esecutivo, si potrà valutare se l’attuale patto sia in grado di dare il meglio dopo un sofferto rodaggio.
Noi nutriamo forti dubbi per una ripresa a medio termine. Mancano i presupposti per azzardare migliori prospettive. Pur con non pochi distinguo, la legislatura permette una sorta di governabilità precaria. Sul futuro, non ci sentiamo di fare delle anticipazioni. Resta evidente che il 2016 sarà l’anno cruciale per Renzi. Se i “conti” non torneranno, la fiducia parlamentare, ultima alla vecchia maniera, sarà ritirata. Il tempo della verifica politica, da probabile, diverrà certo.
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