Lottare contro la "deriva tecnocratica e burocratica" di un’Europa in cui l’Italia "è pronta a fare la propria parte" nel percorso di cambiamento che è in corso. Nelle sue comunicazioni alla Camera in vista del Consiglio europeo del 20 e 21 marzo il premier Matteo Renzi sottolinea come "il rischio di una deriva tecnocratica e burocratica europea non è un rischio che avverte questo governo perché è un momento di crisi ma è insito nel cuore di chi da anni si batte per un’Europa degna di questo nome". Parlando dello stato dell’economia e della finanza italiana, invece, il presidente del Consiglio ha rivendicato gli interventi annunciati la settimana scorsa, a partire dall’intervento sulla riduzione dell’Irpef per chi guadagna sotto i 1.500 euro mensili ("una misura di sostegno all’economia e poi di giustizia sociale" ma anche "per andare a restituire un elemento di speranza e di fiducia agli italiani") o quello sul taglio del 10% dell’Irap per le imprese. "Il pacchetto di misure che presentiamo all’Unione europea non viene presentato per ottenere una bollinatura o un timbro – ha sottolineato – sono misure che il timbro lo devono avere da questo Parlamento" ed "è fondamentale che nei prossimi mesi la pubblica amministrazione, il fisco e il tema della giustizia siano affrontati prima del primo luglio", quando l’Italia assumerà la presidenza del semestre europeo. Quanto ai provvedimenti di revisione della spesa illustrati dal commissario straordinario Carlo Cottarelli, il premier ha affermato con forza che il governo presenterà "la spending review alle Camere, il commissario ci ha fatto un elenco, ma toccherà a noi decidere". E comunque, a copertura delle misure annunciate, "abbiamo un margine ampio" che "naturalmente illustreremo con il Def".
Secondo Renzi quello che più ha colpito i partner europei in questi giorni sono le riforme "costituzionali e istituzionali" perché sono "il segno che l’Italia è pronta a fare la propria parte nel percorso di cambiamento in corso". "Come possiamo essere credibili a chiedere un’altra Europa – si è chiesto retoricamente il premier – se da 30 anni la discussione sul bicameralismo è sempre quella. Come possiamo chiedere all’Europa di stare più attenta alla stabilità se il nostro sistema elettorale non garantisce stabilità. Come possiamo chiedere all’Europa di superare l’euroburocrazia se noi non affrontiamo i problemi della Pubblica amministrazione". "In questi anni l’Italia i compiti li ha fatti e i governi che mi hanno preceduto non sono stati a girarsi i pollici", ha detto Renzi sottolineando che "noi non abbiamo paura a confrontarci con nessuno sui dati, sul rispetto dei parametri europei", anche se "sappiamo di avere una grossa zavorra, quella del debito pubblico". Ma il vero problema, ha ribadito, è che "tra i Paesi del G20 siamo gli unici a non essere cresciuti perché ci sono mancate le riforme strutturali". E anche sul fronte lavoro, ha ribadito Renzi, "i nostri numeri sulla disoccupazione giovanile gridano vendetta", perché "si è pensato di creare lavoro per decreto e si è fallito. Si è pensato di dare garanzie ai giovani, moltiplicando norme e si è ugualmente fallito e ora la disoccupazione giovanile è a livelli atroci". Ma "chi immagina di dare tutte le colpe all’Europa non inganna se stesso ma inganna gli elettori" perché "c’è un solo modo per avere più Europa ed è avere più euro in tasca". Da ultimo, un chiarimento rispetto al tormentone del superamento del parametro del 3% tra deficit e Pil: "Il tema del 3% è oggettivamente un parametro anacronistico", tuttavia, ha sottolineato Renzi rivolgendosi ai deputati della Lega che lo accusa di andare "col cappello in mano dalla Merkel", bisogna anche capire come è nato questo parametro, a partire da Maastricht. E ad ogni modo il presidente del Consiglio nel momento in cui deve rappresentare un Paese dice che "prima di tutto mantiene i propri impegni". E comunque, "quello che in queste ore sfugge ad alcune forze politiche è che quello che è necessario non è lo sforamento del 3% ma il suo rispetto con una eventuale modifica, vedremo se necessaria, dal 2,6 al 3%.
Infine rispetto agli sviluppi della crisi in Crimea in queste ultime ore, il presidente del Consiglio ha sottolineato come il Consiglio europeo del 20 e 21 marzo "avrebbe dovuto essere prevalentemente interessato ai temi della competitività, della crescita e dell’occupazione, dico avrebbe dovuto perché la crisi che stiamo vivendo in Ucraina sicuramente sarà particolarmente approfondita nella cena di domani". E seppure "il referendum svolto in Crimea è illegittimo", in questo momento "c’è la necessità di un’azione concreta da parte di tutte le istituzioni e in particolare dei Paesi europei che fanno parte del G8 di addivenire a una soluzione che naturalmente non può prescindere dal ruolo della Russia". Renzi ha ipotizzato quindi un percorso di sanzioni "che siano graduali e reversibili perché pensiamo che è necessario tenere aperto un canale di dialogo proprio mentre pensiamo che il referendum sia illegittimo", un percorso "che non ci faccia tornare indietro rispetto a un disegno di cortina di ferro che noi dobbiamo scongiurare".
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