Il Pd continua a dividersi al proprio interno. La minoranza si fa sentire, giorno dopo giorno, pressante. Matteo Renzi è stufo di questa situazione, considera “surreale” il dibattito che si è creato e vorrebbe che tutto finisse al più presto. Il premier-segretario dà appuntamento alla direzione del 21 per chiudere la partita con i numeri di cui dispone, ma "soprattutto" rimanda al congresso del 2017 per la discussione su quelli che – non senza sarcasmo – giudica "i grandi problemi sulla visione strategica della sinistra, in Italia e nel mondo" posti dalla minoranza del partito.
Al di là dei toni usati da Renzi nella sua e-news, si sta cercando di raffreddare lo scontro. Anche per evitare che al Congresso futuro si sommino alle minoranze ‘rumorose’ anche quei settori che oggi sono minoranza "di governo" come la componente di Maurizio Martina. O l’area che fa riferimento a Walter Veltroni, che ieri sull’Unità mediava tra minoranza e renziani senza però rinunciare a qualche notazione sull’"identità" del Pd che deve restare di centrosinistra e sulla possibilità di continuare a conservare una "autonomia di pensiero" rispetto al segretario.
Per i renziani al momento è certamente necessario abbassare la temperatura dello scontro. C’è la sfida delle elezioni amministrative da affrontare. E poi verrà il referendum sulle riforme. Ci sarà bisogno di un partito ancora intero.
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