Pieno di livore, rancore, nervoso in preda a rapsodici scatti d’ira, Angelino non contempla più il buon senso e si sveste dell’aplomb per riempire di strali il suo ex Presidente. Colui che, ricordiamo, ha permesso che egli stesse lì a discettare futilità e a tradire il proprio mandato politico.
Adesso il suo compito più grande è quello di frenare Renzi, sta prendendo tempo per alzare la posta in gioco. O più prosaicamente, per ottenere più poltrone possibili, tant’è che la tensione è alle stelle. Matteo è stato categorico: “Non tratto, qui ci sto mettendo la faccia”. E Alfano ha replicato: “Abbiamo chiesto tempo per conoscere in anticipo il programma e i partiti che comporranno l’intesa. Noi mai con SEL”.
Con queste premesse la partita per le prossime politiche si fa sempre più perniciosa e lastricata di insidie. Oggi il Nuovo centro destra fa la voce grossa: “Non siamo cose, Forza Italia non deve riprenderci, siamo determinanti”. Ma la tenerezza di queste affermazioni è accostabile a quella di Gianfranco Fini, prima di entrare “nell’ovile” del PdL.
Angelino ha perso una grande occasione uscendo dal partito, ma forse era proprio la storia ad avergliela levata. Un nominato che morirà da nominato e cooptato. Non ha leadership nemmeno per lo sbarramento.
Twitter @andrewlorusso
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