‘E’ un mio diritto conoscere i contenuti delle telefonate di Napolitano, perche’ rappresento una delle parti che hanno diritto a consultare gli atti. Le intercettazioni devono essere visionate dal gip prima di essere distrutte, non puo’ essere prerogativa dei pm decidere se sono utili o meno, e non puo’ di certo decidere il Presidente. Il contenuto puo’ essere inutile per l’accusa ma non per la difesa’. Lo dice alla Zanzara su Radio 24 Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco di Palermo Vito, accusato di calunnia dalla Procura di Palermo, di cui e’ stato anche collaboratore di giustizia. ‘Per difendere i miei diritti aspettero’ la decisione della Corte Costituzionale, ma cosa teme il Presidente della Repubblica per non volere la pubblicazione?’, dice ancora Ciancimino. ‘Ha sollevato il conflitto con la procura di Palermo – aggiunge – a poche ore dal ventennale della morte di Borsellino. Opportunita’ e tempismo mi fanno pensare male, come diceva Andreotti. Vuol dire che ha qualcosa da nascondere. Se fosse necessario alla mia difesa – dice – lo chiamerei a testimoniare. Per me prima e’ un cittadino e poi e’ il mio Presidente della Repubblica’. Poi Ciancimino critica il procuratore aggiunto a Palermo Antonio Ingroia: ‘A un certo punto non mi sono sentito abbastanza tutelato da Ingroia e dalla procura, venivo visto con diffidenza. Nel suo libro mi ha definito come eccessivamente mediatico, uno che frequenta congressi di partito, che presenta libri. Forse aveva uno specchio davanti, mentre parlava. Come si dice, chi pratica lo zoppo impara a zoppicare’.
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