Morto il 2 aprile 2000 a New York, sepolto il giorno 4 e data la notizia alla stampa internazionale soltanto il 5. Terminava il secolo e anche l’esistenza di una delle figure più discusse e controverse della cronaca nera della nostra storia recente. Una fine piena di misteri, proprio come la sua intensa vita e la sua nuova identità, per quest’“uomo d’onore” che con le sue dichiarazioni ha smascherato una holding da oltre 100 miliardi di dollari.
Ci prova Joe Valachi, soldato dei “genovese”, negli Stati Uniti davanti alla commissione McClellann alla metà degli anni Sessanta, lo segue Leonardo Vitale di Altarello nel marzo del 1973 ma chi ci riesce realmente, chi segna in maniera definitiva la spaccatura all’interno del sistema mafioso è il più importante di tutti; si chiama Tommaso Buscetta, detto “Don Masino”, il boss dei due mondi, il capo del clan di Porta Nuova e stretto collaboratore di Giovanni Falcone.
È un fiume in piena e il magistrato palermitano non crede alle sue orecchie. Sono i primi anni Ottanta e la “guerra” tra il pool di Caponnetto e i corleonesi è spietata e pericolosissima. Lui, il super pentito del novecento, fa nomi, cognomi, date, ore, giorni e soprattutto svela con precisione la struttura piramidale della cupola denominata “cosa nostra” e – soprattutto – i principali segreti che noi tutti oggi conosciamo.
È un Virgilio che traghetta il suo Dante nei gironi dell’inferno. Parla di famiglie, di mandamenti e della Commissione. È il grande accusatore dei politici, rivela ufficialmente i rapporti tra mafia e apparati dello Stato e nel maxi-processo le sue testimonianze risultano determinanti per i numerosi ergastoli inflitti agli uomini delle cosche.
Buscetta percepisce un cambiamento, lo sente e lo vive all’interno dei clan ed è proprio quello che lo induce a prendere la decisione di defezionare. Non si identifica più in quella mattanza che i nuovi capi della “commissione” hanno messo in atto da anni. Si ammazzano donne e bambini, cosa che prima l’organizzazione non solo non permetteva, ma neppure tollerava. A quel gioco al massacro che coinvolge anche gran parte dei suoi parenti, lui non ci sta e decide di inchiodarli tutti.
La svolta storica si percepisce proprio durante il suo ingresso nell’aula bunker, quando in un silenzio surreale Don Masino rompe quell’omertà che fino ad allora era “sacrale” per il potere mafioso. Il duro confronto-scontro verbale datato 1986 con Pippo Calò passa alla storia e rappresenta il segnale di “strappo” e rottura inconfutabile con i vertici siculo-americani e con le famiglie di Riina, Bagarella e Provenzano.
A Buscetta – col tempo – si aggiungono altri importanti personaggi della malavita che, cavalcando l’onda del collaborazionismo con la giustizia, danno vita ad un fenomeno che si estenderà a tutte le altre criminalità. In cambio di importanti segreti i governi adottano i “programmi protezione testimoni” per garantire sicurezza e riservatezza ai “nuovi” pentiti. Le sue pesantissime parole confessate a Falcone portano alla tomba gran parte dei suoi cari; 11, infatti, le vendette trasversali che hanno costellato il percorso di don Masino, tra i quali il fratello Vincenzo, il cognato, tre nipoti, i figli Benedetto e Antonio. Non muore soltanto un qualsiasi uomo settantenne 15 anni fa nella città di NY, ma il protagonista indiscusso – un po’ in “chiaroscuro” – della grande epoca in cui si attua il sistema più efficace per la lotta alle mafie.
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