Scene di guerriglia urbana oggi a Hebron, in Cisgiordania, mentre nei Territori e a Gerusalemme est cresce la lotta popolare di solidarieta’ verso lo sciopero della fame ad oltranza intrapreso da alcuni palestinesi detenuti in Israele. E sul terreno si contano in queste decine fra feriti e contusi.
Per ore, nel centro storico di Hebron, centinaia di giovani palestinesi si sono scontrati con reparti dell’esercito israeliano. Alla protesta per le condizioni dei detenuti, a Hebron si e’ aggiunto il clima di tensione legato alla chiusura della centralissima via Shuhada e all’anniversario della strage perpetrata nella Tomba dei Patriarchi dal colono Baruch Goldstein (29 palestinesi uccisi in moschea) esattamente 19 anni fa: mentre, come oggi, si celebrava Purim, il carnevale ebraico.
La scintilla degli incidenti si e’ avuta dopo le preghiere del venerdi’ islamico, all’uscita dalle moschee. Centinaia di manifestanti palestinesi – affiancati da un drappello di pacifisti israeliani – hanno marciato verso l’ingresso della città vecchia scandendo slogan per la riapertura della strada, un tempo vitale per il mercato cittadino di Hebron.
A circa trecento metri dall’ingresso, nelle immediate vicinanze del compound ebraico Avraham Avinu, le forze israeliane hanno sparato raffiche di candelotti lacrimogeni, granate assordanti e hanno fatto ampio utilizzo di cannoni ad acqua (utilizzando un liquido dall’odore nauseabondo – skunk water) con l’intento di disperdere i presenti. E nelle vie del centro si e’ scatenato il caos.
Soldati e manifestanti (armati di fionde e bottiglie incendiarie) si sono dati battaglia nella casbah locale. Quindi l’esercito israeliano ha preso a ritirarsi in una mossa probabilmente concordata con la polizia dell’Autorita’ nazionale palestinese (Anp), che fino a quel momento era rimasta dietro le linee dei dimostranti. La mossa ha acceso ulteriormente gli animi dei giovani che dopo qualche titubanza hanno indirizzato il lancio di pietre anche verso le unità palestinesi, che sono retrocesse. Solo dopo alcune ore di tumulto, la situazione si e’ gradualmente placata, quando il centro ormai era disseminato di barricate improvvisate, pneumatici bruciati, falo’ e tantissime pietre. Il bilancio, alla fine, e’ stato di almeno 20 giovani palestinesi intossicati e tre feriti da proiettili di gomma.
Analoghi disordini sono esplosi nelle stesse ore in diverse localita’ cisgiordane (nelle aree di Jenin, Nablus, Ramallah e Betlemme) e a Gerusalemme est. Violenze si sono avute in particolare al termine delle preghiere del venerdí sulla Spianata delle moschee, dove gruppi di giovani dal volto coperto hanno ingaggiato battaglia con reparti della polizia israeliana.
All’origine di questi ormai quotidiani rigurgiti di tensione vi e’ la lotta a oltranza contro le autorità carcerarie israeliane intrapresa da alcuni detenuti palestinesi. Uno di questi, Samer Issawi, rifiuta il cibo (‘a intermittenza’, secondo le autorita’ penitenziarie israeliane) da 210 giorni.
Ieri il tribunale di Gerusalemme ha ordinato di liberarlo all’inizio di marzo, ma senza riuscire fermare per il momento la protesta. Altri due reclusi, Tareq Qaadan e Jaafar Azzidine, rifiutano a loro volta il rancio da 90 giorni. E le loro condizioni di salute si stanno aggravando. Oggi, dalla prigione di Ramle (vicino a Tel Aviv), sono stati trasferiti in una struttura ospedaliera israeliana. Attivisti politici in Cisgiordania avvertono da tempo: se qualcuno dovesse morire, si potrebbero alzare le fiamme di ‘una nuova Intifada’.
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