La mano in tasca, il discorso a braccio, la franchezza da ‘rottamatore’. Matteo Renzi debutta in Parlamento, mette piede nell’Aula del Senato e per prima cosa dichiara di volerlo ‘chiudere’. E i "senatori a morte", come li ribattezza perfido Roberto Calderoli, lo accolgono con freddezza. Applaudono poco "l’alieno" che da oggi e’ tra loro.
"Ci avviciniamo in punta di piedi e con rispetto profondo e non formale", esordisce Renzi. Ma non appare per nulla intimorito, nell’ovattato emiciclo di Palazzo Madama. Arriva da Palazzo Chigi in macchina, puntuale. E viene accolto da una piccola folla di curiosi.
L’attesa e’ tanta: e’ l’esordio del ‘Renzi style’ al vertice delle istituzioni. L’Aula e’ gremita. In tribuna prende posto Angnese Landini, moglie del premier, al fianco dell’imprenditore amico Marco Carrai. I banchi del governo, dove debutta anche il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che ha giurato in mattinata, sono una macchia scura: per l’occasione anche i ministri donna, che al Colle avevano scelto colori sgargianti, vestono di nero, come il loro presidente, che ha l’immancabile camicia bianca e una cravatta sottile. Renzi prende la parola e, dopo la dichiarazione di "rispetto profondo" per l’istituzione che lo ospita, tradisce subito il suo stile. Inizia a leggere il discorso, poi posa i fogli e va avanti a braccio, consultando di tanto in tanto gli appunti. E con linguaggio "al limite della brutalita’", mette subito le carte sul tavolo: "Vorrei essere l’ultimo presidente del Consiglio a chiedere la fiducia a quest’Aula", dice, con riferimento al progetto di trasformare il Senato in Camera non elettiva. Silenzio. Nessuno applaude. Calderoli dai banchi della Lega invita i colleghi a fare gesti scaramantici. Poi sentenzia: "Oltre ai senatori a vita, ci sono adesso quelli ‘a morte’". "Oggi in Aula e’ sbarcato un alieno, un corpo estraneo", osserva un senatore del Pd in transatlantico. Durante il discorso, durato circa 70 minuti, per Renzi si registrano 14 applausi: per Enrico Letta, che parlo’ 50 minuti, l’anno scorso alla Camera furono piu’ di 40.
Ma non e’ l’applauso dei senatori che l’ex sindaco cerca. Tant’e’ che mette a tacere i mormorii dei 5 Stelle cosi’: "Dicevano che al Senato non vi divertivate, ma vi vedo sereni. Vi garantisco che vi divertirete sempre di piu’!". E’ un debuttante, Renzi ("Ma davvero i giornalisti possono stare in transatlantico?", domanda quando va a consegnare il suo discorso alla Camera). Ma non soffre nessun timore reverenziale. Si concede frasi ‘franche’ e battute: "Se il senatore Bernabo’ Bocca (di FI, ndr) non vota la fiducia, pur essendo una amico fraterno lo ritengo un fatto di una gravita’ inaudita".
Il premier invita i senatori a raccogliere la "sfida" delle riforme, ma molti di loro, a discorso concluso, confessano l’impressione che stesse parlando a loro per rivolgersi piuttosto ai cittadini che sono fuori. Renzi pero’ li ascolta. Diligente assiste al lungo dibattito sulla fiducia, anche se si agita sulla sedia, che e’ sempre mezza storta: accavalla le gambe, stende le braccia sullo scranno del vicino Padoan, prende appunti, scrive tantissimi sms. E uno ad uno depenna dalla sua lista il nome di chi e’ intervenuto. E intanto saluta chi si avvicina a omaggiarlo. Mangia il cioccolatino che la senatrice dem Cirinna’ gli ha inviato per addolcire il pomeriggio. Sorride a mezza bocca quando una grillina risponde alla sua citazione di Gigliola Cinquetti ("Non ho l’eta’") con un caustico "Parole, parole, parole". Poi si gira verso il piu’ esperto Andrea Orlando e gli chiede chi e’ che parlava, perche’ i volti ancora non li riconosce. Poi invia un bigliettino a Mario Monti per raccontargli della telefonata appena avuta con Barack Obama. E torna a compulsare nervosamente il telefonino. Addio allo stile paludato, con Renzi debutta in Aula uno stile pop. Qualcuno prova ad adeguarsi con battute piu’ o meno riuscite. Ma i piu’ non ce la fanno. E come sempre, leggono diligenti i discorsi che avevano preparato.
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