Un capo d’accusa "assolutamente sproporzionato e incomprensibile", che sottintende una "tesi assolutamente inaccettabile" perché "l’Italia non è un Paese terrorista". Si può riassumere così la posizione assunta oggi ufficialmente dal governo italiano dopo che la procura generale di New Delhi ha chiesto alla Corte Suprema indiana che i due marò italiani Massimiliano Latorre e Salvatore Girone siano processati secondo la legge antipirateria (Sua Act), seppur senza tener conto della parte che prevede la pena di morte.
Secondo il governo italiano quanto chiesto dalla procura indiana "assimila" il caso dei due fucilieri italiani accusati di aver ucciso due pescatori indiani "a un atto di terrorismo" e se questa tesi fosse convalidata dalla Corte Suprema sarebbe "una decisione lesiva della dignità dell’Italia quale Stato sovrano, di cui i due fucilieri della Marina sono organi impegnati nel contrasto alla pirateria conformemente alla legislazione italiana, al diritto internazionale e alle decisioni rilevanti del Consiglio di sicurezza dell’Onu". Insomma, sottolinea con forza Palazzo Chigi, "si tratterebbe di un esito di estrema gravità, sconcertante e contradditorio" e "comporterebbe conseguenze negative nelle relazioni con l’Italia e con l’Unione europea". La Corte indiana si è riservata di decidere il prossimo 18 febbraio e alla luce di quella sentenza "il governo si riserva di assumere ogni iniziativa" per "riportare quanto prima a casa Salvatore Girone e Massimiliano Latorre e vedere riconosciuti la loro dignità ed i loro diritti". Posizione riassunta a uso dei social network dal premier Enrico Letta, che su Twitter scrive: "Inaccettabile l’imputazione proposta dalle autorità indiane. L’uso del concetto di terrorismo è da rifiutare in toto. Italia e Ue reagiranno". Concetti ribaditi anche dal ministro degli Esteri Emma Bonino, che si è detta "sicura che la solidarietà internazionale ed europea che abbiamo costruito in questi ultimi mesi saprà ritrovare iniziative e parole per intervenire su questo caso, non solo a livello di colleghi in bilaterale, ma a livello dell’Unione europea in quanto tale". Bonino ha quindi assicurato che la questione sarà portata sul tavolo del Consiglio dei ministri degli Esteri che si riunisce oggi a Bruxelles, anche perché, ha detto, "non è pensabile" l’accusa di terrorismo "per un Paese che assume la presidenza dell’Ue tra pochi mesi".
E in effetti, secondo fonti diplomatiche europee, la rappresentante per la politica estera europea, Catherine Ashton, avrebbe convenuto sulla necessità di "un messaggio forte" della Ue sul caso dei marò italiani perché l’accusa indiana in base alla legge anti-pirateria e anti-terrorismo è "rilevante per tutta l’Unione europea" e potrebbe coinvolgere in futuro tutti i Paesi che partecipano alle operazioni di sicurezza.
Ad esprimere tutto il suo "sdegno" per una decisione "illogica e fortemente contraddittoria" è anche il ministro della Difesa Mario Mauro, che oggi si è recato in visita ai due marò a New Delhi per testimoniargli la vicinanza di tutto il Paese. Secondo Mauro, l’assenza dopo due anni di un capo d’imputazione certo nei confronti dei marò "fa a pugni con lo stato di diritto e con la correttezza di rapporti tra due democrazie sovrane", ha sottolineato il ministro, e per questo "fa bene l’Italia a far sentire la sua voce nel consesso internazionale".
Proprio dall’Italia, intanto, arriva una ricostruzione di "prima mano" di un passaggio fondamentale della vicenda che vede coinvolti i due fucilieri italiani. La decisione di far tornare i due marò in India a marzo dello scorso anno dopo il rientro in Italia concessogli per le elezioni nazionali "fu un vergognoso errore di Monti su istigazione di Passera". Ad affermarlo è l’ex ministro degli Esteri, Giulio Terzi, che ha spiegato come quell’iniziativa fu "avallata sulla base di considerazioni economiche, addotte sia da Monti che da Passera e motivata con il danno che le imprese italiane avrebbero avuto con l’India se i due fucilieri fossero rimasti in Italia".
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