"Il ministro della Giustizia, valutata la documentazione in atti, non ha ritenuto di accogliere la richiesta di revoca del 41 bis avanzata dai familiari di Provenzano": con un provvedimento di due righe il Guardasigilli Anna Maria Cancellieri ha respinto l’istanza dei figli e della moglie del capomafia di Corleone di revocare il regime carcerario duro al loro familiare. Una decisione che arriva a tre mesi dal deposito della richiesta, la seconda fatta dai congiunti di Provenzano alla Cancellieri. Alla prima da via Arenula non era arrivata alcuna risposta. Si chiude cosi’ l’ennesimo tentativo del legale del boss, l’avvocato Rosalba Di Gregorio, di fare tornare Provenzano alla detenzione ordinaria. Un tentativo vano, nonostante le perizie mediche che descrivono un uomo ormai incapace di intendere e volere e di partecipare ai processi, che segue numerose altre istanze rivolte, oltre che alla Guardasigilli, alla magistratura di sorveglianza.
A nulla sono valsi i pareri favorevoli alla revoca del carcere duro espressi da tre Procure: quelle di Palermo, Caltanissetta e Firenze che, nei mesi scorsi, si erano dette favorevoli all’accoglimento dell’istanza. Per i pm le condizioni mentali del boss gli renderebbero impossibile comunicare con l’esterno e mantenere rapporti con gli uomini d’onore liberi, che e’ poi il motivo fondamentale per cui il 41 bis e’ stato istituito. Lo stato del padrino di Corleone, – hanno spiegato i magistrati – insomma, vanificherebbe la ratio del regime carcerario differenziato. Di diverso avviso la Dna e il Dap che hanno ridimensionato la gravita’ dello stato di salute del capomafia e hanno ribadito la necessita’ del regime differenziato per evitare contatti indebiti con l’esterno.
Il no del Guardasigilli e’ stato preceduto da analoga decisione del tribunale di sorveglianza di Roma che non e’ entrato pero’ neppure nel merito del ricorso presentato dai legali di Provenzano, limitandosi a una valutazione formale. I giudici, in sintesi, hanno sostenuto che il potere di revoca del 41 bis appartiene al ministro della Giustizia e che il tribunale di sorveglianza e’ tenuto a pronunciarsi solo sulla eventuale mancata revoca del carcere duro da parte di via Arenula, mancata revoca che allora non era stata ancora decisa. Ma quella del carcere duro non e’ l’unica strada che gli avvocati del boss stanno percorrendo. Nei mesi scorsi e’ stata presentata al tribunale di sorveglianza di Bologna un’istanza di sospensione dell’esecuzione della pena motivata con le gravissime condizioni di salute del boss. La richiesta e’ stata respinta e i giudici hanno ribadito la pericolosita’ del capomafia. Pende ancora, invece, davanti alla Corte europea dei Diritti dell’Uomo un ricorso in cui i legali chiedono la condanna dell’Italia per "il trattamento carcerario disumano" che sarebbe imposto a Provenzano. La Corte ha chiesto una serie di documenti e approfondimenti al Governo italiano.
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