"Di fronte allo scenario di calo dei consumi sul mercato nazionale, i produttori italiani hanno spostato l’attenzione all’estero. Nel corso dell’ultimo decennio, il commercio internazionale e’ aumentato di quasi il 75%, passando da 15 a 26 miliardi di euro. Un tasso surclassato dall’export dei vini italiani (+88%) trainato dall’incremento delle esportazioni degli spumanti (+263%) e da un allargamento delle vendite verso i mercati extra-Ue". Lo dice Denis Pantini, direttore Area agricoltura e Industria alimentare di Nomisma, mettendo in luce – nell’articolo Mercato nazionale vs Mercato globale: come cambiano redditivita’ e relazioni di filiera nel vitivinicolo italiano, redatto insieme a all’analista finanziario di Winemonitor Paolo Bono, e pubblicato oggi sulla newsletter del think tank bolognese – "il ruolo del vino italiano nel panorama internazionale, uno degli argomenti che verrà particolarmente trattato in occasione di Vinitaly 2015".
Dallo studio, frutto di un’analisi condotta su un campione di 46 imprese vitivinicole (cooperative escluse) "che a livello cumulato rappresentano oltre 2 miliardi di euro di fatturato, sono emersi dati utili per tracciare un vero e proprio profilo delle aziende piu’ inclini alle esportazioni". Per quanto riguarda il fatturato, "se la propensione media all’export del settore vitivinicolo si avvicina al 50%, essa supera il 60% nel caso di aziende con oltre 50 milioni di fatturato ( che in Italia non raggiungono il numero di trenta). L’internazionalizzazione delle imprese vitivinicole e’ direttamente legata alle dimensioni aziendali".
"Le imprese orientate all’export svolgono un ruolo di straordinaria importanza nel mantenere saldi i legami di fornitura a livello locale e favorire le piccole realta’ territoriali in nome delle denominazioni d’origine, piu’ forti dei brand privati in termini di riconoscibilita’ del made in Italy", continua lo studio dell’Area agricoltura e Industria alimentare di Nomisma. Nonostante "il lento e inesorabile calo che stanno subendo i consumi di vino sul mercato nazionale (scesi da 50 a 35 litri pro capite), il vitivinicolo italiano potra’ affidarsi quasi unicamente al mercato estero?", si chiede lo studio.
Infatti, il calo dei consumi del vino "ha interessato sia le vendite sul canale off-trade, sia quelle sull’on-trade, la cui incidenza sulle vendite nazionali di vino e’ scesa dal 40% al 35% negli ultimi 5 anni. In questo scenario di riduzione dei consumi – aggravato dalla crisi economica- il commercio internazionale ha rappresentato, e rappresenta, una nuova opportunita’ per molti produttori italiani".
Quindi, sebbene "la difficile strada delle esportazioni rappresenti- al momento- una soluzione convincente, "le relazioni di filiera che abbiamo esaminato possono certamente aiutare la sostenibilita’ del tessuto produttivo ma prima o poi il vitivinicolo italiano dovra’ fare i conti con quello che sembra un ineluttabile declino dei consumi interni, tra l’altro sempre piu’ legati alla Gdo e quindi ad un interlocutore commerciale spesso ‘inarrivabile’ da parte dei piccoli produttori", conclude Pantini.
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