"L’Italia viene percepita come una nazione dialogante. Questo ci agevola nei rapporti con altri Stati. A cominciare dall’Egitto, ma anche con la Turchia, il Qatar, la Tunisia (ieri l’incontro con il ministro della difesa tunisino), gli Emirati Arabi. Il lavoro che si sta cercando di fare è comporre finalmente il dissidio tra tutte le fazioni belligeranti libiche per convincerle a riconoscere un unico governo che sia l’interlocutore per tutti. Un lavoro che cerchiamo di fare con le nazioni amiche dell’Africa del nord e del Medioriente, supportando il lavoro dell’inviato Onu Bernardino Leon. Dobbiamo impedire che le infiltrazioni dell’Isis si consolidino in Libia". Lo afferma il ministro della Difesa Roberta Pinotti in una intervista al Mattino parlando del problema della pacificazione in Libia.
Sottolinea inoltre che il piano politico "resta, a giudizio del governo italiano, il punto fondamentale" ed evidenzia che "servono due tipi di solidarietà. La prima, di natura internazionale, deve coinvolgere l’Onu con la creazione di punti raccolta dei profughi in Libia e negli Stati confinanti. Poi c’è l’intervento che spetta a tutti i 28 Stati dell’Unione: soccorrere i profughi in mare e accoglierli nelle strutture dislocate in tutta Europa e non solo in Italia. Il nostro Paese non deve e non può essere lasciato solo".
"Dal dibattito parlamentare di due giorni fa mi pare evidente che sia emersa la convergenza di molte forze politiche su un punto fondamentale: l’Italia deve chiedere ai partner dell’Ue alcune cose fondamentali. Innanzitutto il rafforzamento della missione europea ‘Triton’ sui soccorsi in mare; oltre ad un intervento di polizia internazionale di contrasto alle attività criminali degli scafisti, in modo da fermare la partenza di questi barconi che stanno diventando la tomba di chi fugge da guerre, terrorismo e violenza. E’ lo schiavismo del ventunesimo secolo e il consesso internazionale non può permettersi di accettare tutto ciò".
"Tocca alla politica trovare una linea di condivisione in ambito europeo per l’intervento di polizia internazionale, mentre saranno i tecnici militari a dover definire il modo. L’Italia è pronta ad un ruolo da protagonista. Le nostre forze armate sono preparate e da tempo studiano i diversi scenari di guerra di questa crisi che è alle porte dell’Europa. L’Italia è già molto impegnata nella lotta all’Isis e arriverà ad impegnare 525 militari nella coalizione internazionale".
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