Forti e radicati al Nord per ‘trattare’ alla pari e ‘direttamente con Roma e Bruxelles’. La strategia della nuova Lega Nord di Roberto Maroni e’ questa: il nord Italia plasmato sul modello della Catalogna, regione a fortissima trazione autonomista. La secessione tanto invocata dalla base del Carroccio, insomma, nelle intenzioni del nuovo segretario, sara’ principalmente, o quantomeno prima, politica: creare uno Stato nello Stato. L’ex ministro scopre le sue carte a Montecitorio e fa anche una mezza marcia indietro sull’ipotesi che i ‘lumbard’ lascino a breve ‘Roma ladrona’. Prima ‘sfruttiamo tutte le possibilita’ che sono a nostra disposizione’ per ‘affrontare la questione settentrionale’, spiega. Poi, ‘fino alle elezioni politiche, vedremo cosa succederà’.
Sembrano finiti i tempi bossiani dei ‘centomila bergamaschi pronti ad imbracciare i fucili’ per la secessione. Il piano di Maroni ha due riferimenti politici chiari. E’ lui stesso a citarli: i bavaresi della Csu e i catalani di Convergencia i Unio’. Si tratta di due partiti regionali, capaci pero’ di condizionare marcatamente la politica nazionale. I cristiano-sociali bavaresi, definiti con deferenza in Germania il ‘partito egemone’, hanno un evidente potere di condizionamento su Berlino; i catalani, al governo negli anni ’90 sia con la sinistra di Felipe Gonzalez che con la destra di Jose’ Maria Aznar, hanno ottenuto forti aperture per le loro richieste indipendentiste. Insomma, la Lega vuole diventare l’ago della bilancia negli equilibri politici italiani. L’obiettivo sembra essere quello di creare uno Stato nello Stato. D’altronde, spiega Maroni, il nord Italia e’ ‘la regione piu’ ricca d’Europa’.
Per farlo, pero’, il Carroccio deve diventare ‘egemone’ al nord. Deve essere ‘il punto di riferimento ed aggregazione della societa’ ‘. Il neosegretario punta tutto sul ‘modello Verona’, dove un leghista come il sindaco Flavio Tosi alle ultime elezioni ‘e’ riuscito ad avere il consenso dei leghisti e dei non leghisti’. La nuova Lega – spiega Maroni – deve allargarsi anche a chi non e’ della Lega. In questa ottica vanno letti i rapporti privilegiati con il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni (che prima dello stesso Maroni ha fatto riferimento ai ‘cugini’ bavaresi della Csu). L’ex responsabile del Viminale respinge con fermezza le illazioni su ‘accordi sottobanco’ con il Pdl per la tenuta della Giunta: ‘Non ci sono scambi o minacce – sottolinea – Facciamo politica e vogliamo governare i nostri territori’. Anche perche’ – prosegue – ‘se comando a casa mia e le Regioni del nord diventano un’area omogenea, la forza contrattuale rispetto a Roma e a Bruxelles cambia’. ‘Meglio governare la Lombardia che un ministero a Roma’, conclude l’ex responsabile del Viminale.
Maroni a Montecitorio, insieme al capogruppo Gian Paolo Dozzo, illustra le ultime iniziative della Lega. Su tutte la contro-manovra per lo sviluppo che punta su ‘dimezzamento dell’Ires per 2 anni alle Pmi’; commissariare le banche che hanno ricevuto soldi all’1% dalla Bce e non li prestano alle imprese’ e ‘compensazione di debiti e crediti delle aziende nei confronti dello Stato’. Maroni ripropone poi l’idea che Lombardia, Piemonte, Veneto e Friuli Venezia Giulia (‘le Regioni che governiamo’, afferma) intervengano con misure di welfare per gli esodati: ‘Il 90% sono al Nord’, sottolinea. Punta a creare un sistema solidaristico ‘padano’ in tutto il Nord raccogliendo simpatie e, soprattutto, voti. ‘Se riesco a governare il territorio – ammette Maroni – poi posso trattare a Roma o in Europa da pari a pari. Non e’ facile ma se lo fosse non ci saremmo noi’.
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