Un voto contrario all’Italicum significherebbe non solo la fine del governo, ma anche "una rottura forse irreparabile" nel Pd. Lo sottolinea il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini in una intervista a Repubblica nella quale lancia un appello per salvaguardare l’unità del partito: "Sento il bisogno di prendere la parola dopo essere rimasto in silenzio per un anno. Sento il dovere di rivolgermi, da ex segretario, agli ex segretari Epifani e Bersani, ma anche a dirigenti di valore come Bindi, Cuperlo e Speranza. Stavolta, per davvero, non solo è in gioco la possibilità di portare a termine una riforma storica che abbiamo fallito almeno dieci volte. C’è un problema serio che riguarda il futuro del nostro partito".
E sottolinea: "Si tende a dimenticarlo, ma noi abbiamo il dovere di approvare una nuova legge" e "non possiamo arrenderci. Sono vent’anni che le riforme si fermano a un passo dal traguardo, a partire dalla Bicamerale di D’Alema. Berlusconi è sempre arrivato ad approvare tutto, salvo far saltare il banco al passaggio finale. Stavolta non glielo possiamo permettere. Anche perché, votando la legge senza modifiche, approveremo il testo già votato da Forza Italia al Senato".
E aggiunge tornando a parlare dei dissidi interni al Pd: "Per il clima che si è creato sono molto preoccupato. Ma faccio presente che sono stati seguiti tutti i passaggi democratici previsti: il voto in Direzione, il voto nei gruppi parlamentari, una discussione lunga e approfondita. E il testo è infatti cambiato grazie anche alle proposte di modifica della minoranza".
"Se pure di fronte a un voto democratico a maggioranza nel gruppo – prosegue il ministro – ognuno si sente libero di fare quello che gli pare in aula, mi chiedo dove sia finita la casa comune. Quale comunità può stare in piedi se la minoranza non si adegua alle decisioni prese insieme, con un voto democratico? Non è un fatto di disciplina, ma di buon senso".
Sostiene che l’appello alla coscienza del singolo parlamentare è "assolutamente sbagliato. Ma come si fa a non vedere che la legge elettorale è il tema più politico del mondo? Non parliamo mica di problemi etici!". E aggiunge: "Non so se il presidente del Consiglio porrà la questione di fiducia. Ma, al di là della scelta formale, la fiducia è implicita. Il voto sull’Italicum sarà comunque una verifica del rapporto fiduciario che esiste tra il Parlamento e il governo. E, me lo lasci dire, sarà anche una verifica del rapporto tra il Pd e il suo governo", "Renzi mi sembra che sia stato molto chiaro su questo. Questo è un passaggio centrale e, se andiamo a bagno, non è che ce la caviamo fischiettando e facendo finta di mente".
Nota quindi che "questa legge è ovviamente un compromesso, anche a me ci sono cose che non piacciono. Ad esempio, il Pd è sempre stato per i collegi uninominali mai a favore delle preferenze, perché comportano molti rischi: dai costi eccessivi della campagna elettorale al fatto che mandano in Parlamento non i migliori ma i più bravi a raccogliere consenso sul territorio con metodi…. molto elastici, diciamo. Ma se anni fa ci avessero detto che si sarebbe potuto approvare un testo così vicino alle posizioni storiche del Pd e dell’Ulivo – con il premio di maggioranza che garantisce la stabilità e il ballottaggio che assicura un vincitore certo – non ci avremmo mai creduto. Avremmo dato di tutto per avere una legge così".
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