‘In your face’, dicono negli Stati Uniti. Noi diciamo ‘alla faccia tua’. Di chi questa volta? Di tutti quelli che non credevano nella versione americana di Marco Belinelli. Tanti, tantissimi, quasi tutti quelli che invece adesso lo esaltano. Ride Marco dopo l’ennesimo colpaccio: primo italiano a passare un turno nei playoff, l’anno scorso con Chicago, primo italiano a guidare una Conference, il West con San Antonio, in questa stagione, primo italiano al vertice di una classifica di specialità nella Nba, il tiro da tre punti, è successo alla fine di novembre. Ma da sabato, era già notte fonda in Italia, primo italiano a vincere nella Nba: la gara dei tiri da 3, all’All-Star Game.
La storia del basket italiano nella Nba la sta scrivendo Marco Belinelli, bolognese di San Giovanni in Persiceto, 28 anni in marzo, scelto con il numero 18 al Draft del 2007, il numero più alto degli altri due italiani sbarcati nel grande mondo del basket americano (Bargnani, ora a New York, è stato numero 1, Gallinari, a Denver fermo però per un infortunio 6, mentre Datome, a Detroit, non è stato chiamato). Ma è stato anche il primo giocatore dei San Antonio Spurs a conquistare la gara dei 3 punti, appena il terzo non americano dal 1986, dopo Nowitzki e Stojakovic, a riuscire in questa impresa. Non era favorito Belinelli, ovviamente, in pochi credevano nel suo exploit, non c’è da stupirsi, ma alla fine a ridere è stato il numero 3 di San Antonio che ha anche dovuto effettuare uno spareggio per aggiudicarsi il titolo di miglior tiratore da 3. Aveva superato il primo turno, con 19 punti, poi in finale contro Bradley Beal stesso punteggio e sembrava davvero che non ci fosse storia, ma l’avversario, incredibilmente azzeccava tutti gli ultimi sei tiri, raggiungendo la parità. Evento successo appena cinque volte dal 1986, anno della prima volta della gara da 3.
"Pensavo di avercela fatta – ha raccontato Marco – Curry che era vicino a me ha cominciato a gridarmi ‘Hai vinto, hai vinto’. Ma se all’inizio ero nervoso alla fine ero concentratissimo. Volevo questo trofeo. Era importante vincere per far parte di questo All-Star weekend, e sono felice di portare il premio a San Antonio, per me, la mia famiglia i miei fan e di sicuro tutti gli Spurs e i miei compagni di squadra. Questo successo è importante per la mia carriera, gli ultimi due anni prima a Chicago con Tom Thibodeau e ora a San Antonio con Gregg Popovich mi hanno fatto migliorare tanto, ma non voglio dimenticare Monty Williams proprio a New Orleans: ho grandi ricordi qui. Ma adesso sono parte dell’organizzazione degli Spurs: un grande coach, grande persona, che ha fiducia in me. Voglio solo andare in campo e dare il meglio". Come ha fatto a New Orleans battendo tutto e tutti, come è ormai abituato a fare da quando scelto a Golden State, Don Nelson, il coach, lo mise in fondo alla panchina. Ma Belinelli è testardo, lo è stato in California, si è ripetuto anche a Toronto, non lo facevano giocare. Ok, ecco allora New Orleans con Monty Williams che finalmente aveva capito cosa poteva dare il Beli. Poi Chicago, la prima squadra importante della sua carriera americana. E l’estate scorsa San Antonio, la franchigia di Manu Ginobili che era stato suo compagno di squadra quando aveva 15 anni ed stava per debuttare in serie A: ha rinunciato a bel po’ di soldi, glieli dava Cleveland, ma ha preferito gli Spurs perchè da quelle parti in Texas, a differenza dell’Ohio, si lotta per l’anello.
"È un sogno che si realizza – ha detto l’azzurro dopo aver alzato il premio all’All-Star Game – ricordo quando Larry Bird vinceva questo trofeo e adesso sono nella stessa posizione". Ma Belinelli non si ferma qui, il sogno non si è realizzato a New Orleans è molto più grande: vincere un titolo nella Nba e con San Antonio ha la possibilità di centrare questo traguardo che, solo qualche mese fa per un giocatore italiano negli Stati Uniti poteva sembrare solo fantabasket. Larry Bird tre volte, poi Ray Allen, Peja Stojakovic, Dirk Nowitzki, Paul Pierce fino alla stellina di Cleveland Kyrie Irving: sono solo alcuni dei campioni che hanno lasciato la loro impronta nella gara da 3 punti, mentre altri grandi tiratori come Reggie Miller ad esempio, non ci sono riusciti. Adesso la firma l’ha messa Belinelli, primo italiano, che però non si accontenta. Da qui a giugno aspettiamoci qualche altra impresa, magari qualcuno adesso comincia a crederci…
Discussione su questo articolo