Warren Wilhelm Jr… Ma detto così nemmeno a New York saprebbero dire di chi stiamo parlando. Già, perchè quelli erano il nome e il cognome originari. Poi cambiati: prima è diventato Bill, così lo chiamavano fin da piccolo in famiglia, quindi una volta finita l’università ha deciso che anche il cognome era da modificare e ha preso quello della madre, de Blasio. Ed ecco Bill de Blasio, 52 anni, uno dei ‘fenomeni’ politici più straordinari venuti alla ribalta in una città che da sola fa sempre notizia.
Bill de Blasio, da signor nessuno o quasi a candidato Democratico con grandissime possibilità di successo per le elezioni del nuovo mayor, il sindaco, che si terranno il 5 novembre. Era il ‘public advocate’ di New York prima di buttarsi nella grande corsa. Cosa fa il ‘public advocate? Il ruolo fondamentale è quello di ‘cane da guardia’, assicurando che i cittadini ricevano i servizi di cui hanno diritto e che allo stesso tempo possano avere una voce nelle politiche di governo della loro città. "Le mie priorità – aveva detto de Blasio – sono quelle di assicurare ai genitori la possibilità di dire la propria opinione nel sistema educativo, di fare del governo un sistema più efficiente e trasparente e di aiutare chi ne ha bisogno". Un lavoro ben fatto evidentemente, ma che da solo non poteva bastare. E infatti la sua rincorsa ha utilizzato altri sistemi per centrare il grande obiettivo.
La sua campagna elettorale è organizzata da Rebecca Kirzner Katz e Nick Baldick, team al quale, più tardi, si è anche aggiunto John del Cecato, nome importante per gli spot pubblicitari politici. C’era lui anche dietro a quelli del presidente Obama, e infatti la molla che ha fatto scatenare la ‘deblasiomania’ è stato quello che qui si chiama commercial, annuncio pubblicitario, nel quale compariva il figlio Dante che con quella capigliatura afro era ovvio che non potesse passare inosservato. Sono bastati quei trenta secondi per far cambiare la ‘mayoral race’, sorpasso di de Blasio, imprendibile. Al punto che lunedì è arrivata la nomina ufficiale a sfidante del Repubblicano Joseph Lhota, anche se non dai risultati ufficiali, stanno ancora contando (come spesso succede negli Stati Uniti…), ma dalla rinuncia del secondo arrivato, Bill Thompson che con il 26% ha capito che non poteva competere con l’altro Bill che il 40% o giù di lì se l’era già assicurato. È un ‘liberal’ Bill de Blasio e in una New York che è a grande maggioranza Democratica, non dovrebbe avere difficoltà a vincere la gara decisiva, anche se i due precedenti sindaci sono stati Repubblicani, Giuliani e Bloomberg (poi trasformatosi in indipendente), i quali, il primo in maniera ufficiale, il secondo facendolo capire, appoggeranno Lhota (il cui nonno da parte di madre era originario dell’Italia…). Ma il ‘fenomeno’ de Blasio, che ha promesso di cambiare New York City rispetto a quanto fatto nei suoi mandati Bloomberg, è stato veramente tale perchè è riuscito in una autentica impresa e cioè di raccogliere il 40% dei voti nelle primarie Democratiche, raccogliendo la stessa percentuale tra gli afroamericani e i bianchi, tra la donne e gli ispanici.
"Non so se posso ricordare una competizione elettorale – ha detto Joe Lenski, vice presidente dell’Edison Research – dove il candidato nero perde il voto dei neri, la donna quello delle donne e il giudeo quello dei giudei… È impressionante, de Blasio ha fatto un buon lavoro dicendo ‘Io sono uno di voi anche se non lo sono come aspetto’. È stato capace di dire ‘Mia moglie è afro-americana e i miei figli multirazziali’…". Così con l’aiuto indiretto anche del presidente Obama (in passato aveva lavorato con l’ex sindaco David Dinkinks a sua volta aiuto di Patrick Gaspart, ambasciatore in Sud Africa, ma soprattutto ex consigliere del Presidente) ha ottenuto lo stesso forte appoggio dai giovani e dalle minoranze etniche. E quando ai newyorkesi è stato chiesto se vogliono continuare nella direzione tracciata da Michael Bloomberg o intraprenderne una nuova, quest’ultima, che poi è quella incarnata da de Blasio, ha stravinto: 73% contro il 22%. Ecco perchè l’italo-americano da parte di madre, le cui origini italiane sono divise (o contese) tra Grassano in Basilicata e Sant’Agata dei Goti, in Campania, è il grande favorito per la grande corsa. E se diventerà sindaco tornerà in Italia, anche per vedere una partita del Napoli: l’ha raccontato il cugino, Arturo Mongillo, tra l’altro ex sindaco di Sant’Agata dei Goti, in una intervista al ‘Il Mattino’.
Discussione su questo articolo