Per la sua progressiva accentuazione, l’atteggiamento dell’attuale politica italiana nei confronti degli italiani nel mondo, ma anche dell’opinione pubblica italiana in generale, sembra quasi riflettere, esasperandolo e in forma autoritaria, per il potere intrinseco che essa esercita, lo stesso tipo di atteggiamento che ci viene riservato dai nostri connazionali in Italia. Atteggiamento di sufficienza, di protervia e di celata indifferenza.
Nel momento in cui osiamo prendere la parola per esprimere la nostra opinione, siamo trattati da ignoranti e da intrusi, intimoriti o sopraffatti verbalmente dai nostri connazionali. Siamo immancabilmente e puntualmente messi a confronto con la situazione di crisi nazionale, coi tanti sacrifici giornalieri che, a loro dire, sono costretti a compiere per sopravvivere, con la disoccupazione dilagante, con il peso costante e crescente delle difficoltà del vivere quotidiano sul territorio nazionale, con uno Stato che tutto toglie e niente costruisce.
Impossibilitati a sottrarci alla enumerazione minuziosa degli alti costi a loro carico per il pagamento di tasse e tributi vari, Imu, Tari, Tasi (imprecheranno quest’anno), spazzatura, luce, acqua, stipendi bassi, pensioni ridicole; zittiti all’istante se ci permettiamo di far presente che anche noi siamo soggetti al pagamento degli stessi oneri per le nostre abitazioni in Italia anche se utilizzate per poco tempo.
Basta questa semplice costatazione, figuriamoci se si evidenziasse l’ingiustizia nel considerare le nostre come seconde case, per scatenare un immediato e veemente loro attacco verbale – sia che l’interlocuzione avvenga in ambito privato o pubblico – fatto di insinuazioni varie, da un numero crescente di imprevisti e minacciosi interlocutori.
"Siete dei fortunati e degli ingrati, lo Stato italiano fa già tanto per voi. Come mai anche il diritto al voto? I Comuni vi trattano in modo giusto. Se non vi sta bene, potete sempre scegliere di restare all’estero, di venire in ferie, di vendere le vostre case", e via discorrendo. Questo è quello che ci sentiamo dire.
A livello politico, parlamentare, governativo, avviene in pratica più o meno la stessa cosa. I media ci evitano come se fossimo degli appestati. La politica per gli italiani all’estero viene di fatto esercitata, negli ultimi anni, di tacita intesa, in regime di monopolio. Quasi tutti i partiti, per il loro scarso tornaconto elettorale, lasciano tutto nelle mani del Pd.
Noi italiani nel mondo siamo visti come se vivessimo in una dimensione più favorevole, per molti siamo quasi da invidiare, parenti alla lontana che è meglio evitare e forse anche dimenticare, se non addirittura punire con trattamenti speculativi, costretti a pagare anche il non dovuto.
Ragionamenti sempre più ricorrenti non sono scevri da considerazioni di questo tipo: "Sono tempi grigi per noi. I residenti all’estero ormai ci hanno rotto, dobbiamo sbarazzarcene. Hanno finora beneficiato di tanti servizi, adesso dobbiamo assolutamente ridimensionarli o eliminarli. Si lamentino pure, intanto cosa possono farci? Non venire più in Italia ? Ma sono costretti. Chi mai avrà il coraggio di vendere? Non gli converrebbe, debbono investire comunque, sia quando vengono che per mantenere i loro immobili. Che sborsino e non rompano. Basta con le lamentele. Cosa importa se per rinnovare un passaporto o chiedere qualche altro documento debbono percorrere 200, 300 chilometri? I corsi di italiano, per quale motivo? I Comites? Il voto (ricordate il ministro Bonino?)? Si vedrà, ma secondo nostra convenienza, in attesa di mettere mano alla Costituzione. Dei loro problemi cosa ci interessa, ne abbiamo già noi a bizzeffe qui per la nostra gente. Prima o seconda casa? Non si discute, giusto o no, ci sono problemi di cassa. Stiano alla larga. I tempi sono cambiati".
E’ questa una lettura esagerata, strumentale o errata?
Tuttavia, quali sono gli elementi su cui è possibile avviare un confronto ed un dialogo rispettoso e costruttivo per esaminare con serietà e serenità in modo organico tutte le questioni e trovare ad esse soluzioni partecipate, intelligenti e lungimiranti onde evitare la lacerazione di un rapporto storico, umano, economico, utile e necessario? Basterebbe una maggiore disponibilità, un po’ di buon senso, senza cadere nell’esasperazion: ma come mai l’attuale governo si ostina a rifiutare il dialogo ed il confronto? Renzi parla dell’inizio di un processo rivoluzionario. Bene, ma spieghi anche a noi di che tipo, a favore di chi e per arrivare dove?
Il suo successo potrà essere determinato non solo dalla sua capacità di saperlo comunicare, ma soprattutto dal saperlo strutturare e farlo condividere, meglio spontaneamente, e per la sua validità e coerenza, nei tempi e nei modi da stabilire, attuativa.
L’attuale politica per gli italiani nel mondo manca finora di tutti e tre questi presupposti, sebbene sarebbe possibile, anche sulla base della disponibilità finanziaria attuale, trovare delle soluzioni praticabili.
I nostri eletti all’estero, ai quali si rivolge un ennesimo appello, sappiano portare avanti una proposta complessiva in modo compatto, in tempi utili, con la necessaria visione e determinazione.
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