”L’Argentina e’ un parco giurassico dei sapori italiani”: a descrivere cosi’ il rapporto tra la cucina tricolore e il Rio de la Plata e’ Pietro Sorba, genovese, giornalista e scrittore enogastronomico di Buenos Aires. ”L’Argentina e’ un pezzo d’Italia incastonato in fondo al Sudamerica”, sottolinea Sorba, ricordando che le prime migrazioni italiane furono liguri, tra il 1830 al 1840. E portarono profumi e tipicita’ della loro terra: pesto, cima, ciupin, focaccia, farinata, torta pasqualina, tocco, ravioli. Quest’avanzata di gusto italiano affronto’ oltreoceano diversi problemi: ”Il primo, la materia prima necessaria per replicare le ricette. Inoltre, col passare del tempo le preparazioni genovesi iniziarono ad essere riprodotte da altri gruppi regionali italiani e non solo (soprattutto dagli spagnoli) che le ritoccarono a modo loro. Avvenne lo stesso con i piatti di altre comunita’, come la calabrese, la piemontese, la friulana”, afferma Sorba, che di recente ha pubblicato in Argentina due libri a tema ("Bodegones di Buenos Aires 2014" e "Le vie della gastronomia a Chubut, cuore della Patagonia").
”L’aglio per fortuna non manca mai. In molte case argentine – prosegue – il pesto si preparava con quattro ingredienti: sale, olio di semi, prezzemolo e aglio tritati grossolanamente. Nei casi piu’ fortunati si aggiungevano le noci, a volte anche i formaggi duri locali tipo sardo o ‘regianito’. Oggi la situazione e’ cambiata. La ricetta e’ piu’ vicina alla versione originale, ma il pesto ‘base argentino’ resiste tra le mura domestiche”. ”Stesso discorso per la focaccia o per la farinata. Nel primo caso il ‘lunfardo’ (dialetto di Buenos Aires) si e’ appropriato del nome "fugazza" e lo ha regalato al dizionario gastronomico argentino. "Fugazza" che e’ pero’ diversa da quella genovese: e’ una sintesi tra la focaccia comune genovese, la focaccia con le cipolle, e quella col formaggio di Recco. La pizza invece viene cotta nelle teglie. E’ molto alta, soffice, condita con quantita’ notevoli di formaggio. Impossibile mangiarne piu’ di 3-4 fette, per la grande quantita’ degli ingredienti”.
”In Argentina – conclude – esiste un amore profondo ed immutato nei confronti dell’idea di cucina italiana e dei suoi sapori, presenti sulle tavole delle case delle famiglie e nei ristoranti tipici: i bodegones o le cantinas”. ”Dico idea di cucina – prosegue Sorba – perche’ in genere gli argentini pensano che la cucina italiana sia quella lasciata in eredita’ dai nostri emigranti, bisnonni o ‘trisnonni’. E si ritiene che la pasta secca sia sinonimo di piatto povero”.
In Argentina viene apprezzata di piu’ la pasta fresca e quella ripiena.”Gli argentini – sottolinea ancora l’esperto gastronomo – adorano ravioli, lasagne, cannelloni, tagliatelle, taglierini e fusilli, i piatti abbondanti e le paste fresche condite con salse vigorose ed abbondante formaggio grattugiato. E non rinunciano alla combinazione pomodoro-formaggio-origano, alle verdure ripiene, alla ciambotta calabrese, alla soppressata, ai capperi ed alle olive, alle melanzane sott’olio, ai fusilli al ferretto alla scarpara, alla sfogliatella ed ai cannoli, alla bagna cauda, allo stufato di carne della domenica a pranzo, alla pizza. Sono le reminiscenze, le stimmate della cucina italiana che continuano ad esistere nel palato e nella memoria degli argentini. Sono arrivate qui piu’ di 150 anni fa, sono cambiante ma mantengono la loro essenza primordiale: il gusto essenziale della nostra terra. E’ per questo che l’Argentina e’ un parco giurassico del sapore italiano”.
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