Roma – Bye bye Umberto. Il Senatùr ha messo in scena la sua ultima invettiva nei confronti di Roma ladrona nel corso del recente congresso che, ad Assago, ha incoronato Roberto Maroni nuovo segretario della Lega Nord. E mentre il delfino celebra anni di attesa iniziando la sua personale corsa a bordo del Carroccio (e chiudendo la versione cartacea de La Padania che, d’ora in poi, sarà solamente on line), ItaliaChiamaItalia ha cercato di capire come cambieranno gli scenari chiedendolo a una delle rare voci leghiste disponibili a considerare la presenza degli eletti all’estero, l’onorevole Claudio D’Amico.
Bossi esce di scena, Maroni è il nuovo leader. Qual è il suo bilancio del congresso? La Lega Nord è realmente giunta a un punto di svolta?
Il congresso è andato molto bene, c’è stata una grande partecipazione non solo dei delegati ma anche dei militanti. Dopo un periodo di difficoltà, la Lega riparte alla grande perché può vantare un progetto che va al di là delle singole persone, che vuole riformare lo stato e farlo funzionare in maniera migliore per fare in modo che siano i cittadini a essere padroni in casa propria e non qualcun altro. Vogliamo realizzare, da sempre, uno stato federale dove ogni decisione venga presa da chi è vicino alla comunità, non a Roma o a Bruxelles.
Dopo Roma, il leit motiv diventa ‘Bruxelles ladrona’?
La verità – spiega D’Amico a Italiachiamaitalia.it – è che la burocrazia di Bruxelles si sta sostituendo alla burocrazia di Roma e questo rappresenta un problema. Noi vogliamo creare un’Europa dei popoli, con l’aggregazione delle regioni simili dal punto di vista socioeconomico in modo da poter formare una forza omogenea. È questo, per noi, un grande progetto di sviluppo per il futuro, non altri più aleatori.
Ora che Bossi è al tramonto, vi scoprite europeisti? Si può parlare di progetti europei perché adesso c’è Maroni al comando?
La Lega dice le stesse cose da sempre. Lo ripeto, la Lega rimane nel tempo perché ha un progetto che va al di là delle singole persone. Bossi non è al tramonto ma, al contrario, è stato un grande uomo, ha capito quali erano le necessità dei suoi popoli e ha cercato un movimento che li rappresentasse, che sapesse riscattarli da questo essere succubi del sistema centralista che ha portato al debito pubblico e al mancato sviluppo del Sud.
Dopo l’Europa, vi interessate anche del Sud?
La Lega non ha mai avuto sentimenti di astio contro nessuna parte del Paese. La verità è che l’arretratezza del Sud fa comodo a chi sostiene il sistema centralista perché può dire di gestire i soldi per conto del Meridione e poi intascarseli. Lo stato concepito fino ad oggi non funziona, noi lo vogliamo cambiare e i nostri connazionali all’estero lo capiscono bene e ci sostengono, soprattutto chi vive in stati federali come il Brasile, la Germania o l’Australia.
Allora perché non candidate nessuno all’estero alle prossime elezioni?
Non sappiamo che legge ci sarà nel 2013, quindi è ancora tutto da valutare.
Nel suo intervento al congresso, il Senatùr è tornato a parlare di ‘Roma ladrona’. Dopo tutti gli scandali emersi, Bossi pensa ancora di poter dare lezioni o attaccare una parte del Paese?
Non è assolutamente vero, Bossi non ha mai attaccato una parte dell’Italia, ma un sistema. È sbagliato dire che Bossi se la prende con il Sud o il Centrosud, per Roma ladrona si intendono i soldi spesi male dallo stato centralista. Inoltre, rispetto a un Penati che, in Lombardia, era candidato per il Pd ed ora è inquisito per aver messo in piedi un meccanismo tangenti da milioni di euro, quello che è accaduto nella Lega è insignificante. Bossi ha sbagliato nella scelta dell’amministratore che ha investito male i nostri soldi ed è stato eliminato. Qualcuno ha effettuato una gestione non oculata delle risorse del partito, ma sottolineo che si trattava soprattutto dei soldi che noi eletti diamo ogni mese al partito e, solo in minima parte, di rimborsi elettorali.
Quindi secondo lei si sarebbe verificata solamente una “cattiva gestione”, nessuno ha rubato soldi dalle casse dello Stato? L’unico errore è stato nella scelta dell’amministratore? Anche gli stipendi degli eletti sono soldi pubblici.
È vero che i soldi sono stati gestiti male, non è vero che sono stati rubati. Bossi si è assunto ogni responsabilità e ha lasciato l’incarico di segretario federale, la Lega è l’unico movimento che ha operato un reale cambiamento dopo i recenti scandali, teniamo molto alla chiarezza nei confronti dei cittadini e abbiamo rinnovato tutti i vertici.
La Lega è cresciuta ed è diventata una forza parlamentare e il suo ex leader è ancora lì, intento a ripetere le stesse frasi. Non è rimasto indietro, rispetto al percorso seguito dal resto del partito?
Sosteniamo da sempre temi irrisolti, ormai tutti ci ripetono che il federalismo è importante e utile ma, di fatto, questo governo l’ha bloccato e finora ha imposto solo tasse, mentre una vera riforma porterebbe una diminuzione della pressione fiscale.
Che cosa cambierà, nella gestione del partito, con l’avvento di Maroni?
La linea politica è sempre la stessa, anche con Maroni. Rappresentiamo i popoli del Nord che non si contrappongono a quelli del Sud, la soluzione del problema settentrionale serve per risolvere quello meridionale. Da quando esiste l’Italia le differenze tra Nord e Sud servono a far ingrassare le tasche di alcuni, cambiare il sistema farebbe bene a tutti. La regione Sicilia ha 20mila dipendenti, più 7mila lavoratori occasionali: finché i soldi saranno mandati da Roma non cambierà nulla e si continuerà nello sperpero, è un meccanismo di assistenzialismo che va rotto.
Quali saranno le prime azioni dell’era Maroni?
Credo molto nella forte proposta di Maroni al congresso: un terzo dei soldi disponibili va ai comuni, un terzo alle regioni e un terzo allo Stato. In questo modo la regione sa fin da subito quanti soldi ha, chi li spende male verrà punito dagli elettori. Noi invitiamo anche i popoli del Sud a ribellarsi a questo sistema di sprechi che porta disagi al singolo cittadino.
Lei ha incontrato diverse comunità italiane all’estero. Quali problematiche ha riscontrato nei connazionali?
Sono stato molto colpito dagli italo-australiani per il loro forte legame con la regione di origine, stanno mantenendo la cultura e la storia dalla quale sono partiti. I cittadini italiani che vivono lì sono un patrimonio anche perché ognuno mantiene caratteristiche importanti come il dialetto, che noi invece stiamo perdendo. Il bello del federalismo sta proprio nel fatto che ogni popolo può mantenere la sua continuità; mi ha fatto piacere vedere questo legame anche in chi vive all’estero. Il problema è che i figli degli emigrati rischiano di perdere tutto ciò e, per questo motivo, dovremmo incentivare il rapporto con le regione d’origine.
In che modo?
Con l’informazione, con l’invio di materiale e incentivando il turismo verso l’Italia. In Australia il reddito medio è decisamente alto, molti hanno la possibilità di viaggiare e per le nostre regioni sarebbe una boccata d’ossigeno in un momento di crisi.
In Senato, la Lega non si è dimostrata altrettanto sensibile nei confronti della circoscrizione estero…
Bisogna ridisegnare la rappresentanza. I cittadini non vogliono essere abbandonati o trattati in modo superficiale come accade con le chiusure consolari. Sono contro la chiusura dei consolati perché servono a dare servizi ai cittadini, piuttosto chiudiamo le ambasciate all’interno dell’Ue. I ministri si incontrano costantemente, non servono più gli ambasciatori, risparmiamo lì e investiamo nei consolati che, invece, forniscono utilità e servizi. Inoltre, in Italia spendiamo troppi soldi per gestire l’assistenza agli immigrati stranieri, diamo questa cifra agli emigrati italiani. In Venezuela, in Canada e negli States ho visto situazioni difficili per molti concittadini, lo stato al quale appartengono deve prendersi cura prima di loro e poi degli stranieri, soprattutto in questo momento di crisi, con il lavoro che scarseggia anche per gli italiani.
Visto il suo pathos, salverà la circoscrizione estero alla Camera?
La circoscrizione va rivista e ne parleremo alla Camera. Sono favorevole a mantenerla, ma non in questi termini. Non ha senso come è ora, un deputato o un senatore non può stare sul territorio se tutte le settimane è in aula a votare. I cittadini si lamentano perché non vedono mai i loro eletti.
Come pensa di riformarla?
Gli italiani all’estero possono eleggere i loro rappresentanti, ma non devono avere le stesse caratteristiche dei colleghi parlamentari. Potrebbero partecipare solamente alle votazioni sul budget e sulle problematiche riguardanti il loro settore, così potrebbero seguire la loro comunità. Il rapporto con gli elettori è fondamentale.
Discussione su questo articolo