Si è tenuta questa settimana alla Farnesina l’assemblea plenaria del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, uno degli organi di rappresentanza (insieme ai Comites e ai parlamentari eletti oltre confine) degli italiani nel mondo, quello che viene considerato un po’ il ‘parlamentino’ dei connazionali residenti all’estero.
Quello stesso CGIE che, nella maggior parte dei casi, gli italiani nel mondo – quelli che sanno cosa sia – considerano uno dei tanti carrozzoni legati al mondo dell’emigrazione, un cimitero di elefanti dove vengono parcheggiati molti personaggi per lo più smaniosi di visibilità, pensionati e pensionandi, in pratica nullafacenti.
Ho avuto modo di partecipare alla prima giornata di plenaria. E’ mia personale convinzione che il CGIE così com’è non serva a un fico secco. Il Consiglio Generale non ha alcun potere, non decide nulla, se riduciamo il discorso ai minimi termini diventa pura fuffa. Tuttavia, è senza dubbio un punto di ritrovo, per chi si occupa di italiani all’estero: è per me, come per tanti altri, l’occasione di rivedere amici che vivono lontano da Roma, con cui poter discutere e confrontarsi occhi negli occhi sulle tematiche che più da vicino interessano gli italiani nel mondo, ma anche su temi di politica e attualità. Quindi, mentre le ultime volte avevo rinunciato a parteciparvi, questa volta mi sono detto “perché no”, andiamo a vedere che succede. Devo ammettere: non sono pentito della mia scelta.
Essere stato al CGIE questa volta è valsa davvero la pena. Non fosse altro per l’intervento svolto nella sala conferenze internazionali del ministero degli Esteri, nel corso della plenaria, dall’On. Laura Garavini, Pd, eletta nella ripartizione estera Europa e residente in Germania. Dovete credermi: un vero spasso.
Garavini – prima bersaniana doc e oggi, come tanti altri compagni, renziana di ferro – è stata categorica: ringraziando il lavoro svolto dal governo (da quell’esecutivo guidato dal “suo” Matteo Renzi) ha parlato della “svolta” per gli italiani nel mondo. Proprio così, ha usato questa parola: l’attuale governo, ha affermato senza un briciolo di ritegno e con altissimo sprezzo del ridicolo, ha impresso “una svolta” per tutto quello che ha a che vedere con il mondo dell’emigrazione. Per fortuna ero presente: se me l’avessero raccontato, non ci avrei mai creduto.
Non ci avrei mai creduto perché di fronte al massacro che l’attuale esecutivo sta mettendo in atto nei confronti di tutto ciò che riguarda gli italiani all’estero – fra ambasciate e consolati che chiudono, fra continue discriminazioni nei confronti degli italiani nel mondo, fra gli Istituti di cultura italiani che vengono decimati quando invece dovrebbero essere potenziati -, avrei giurato che anche una come Laura Garavini – pur dotata di una istintiva partigianeria all’ennesima potenza – avrebbe potuto fare un po’ di autocritica almeno sugli aspetti più marcatamente sbagliati delle scelte di governo; o per lo meno, che non si sarebbe resa protagonista di certe affermazioni, a dir poco, provocatorie.
Devo dire, per amor del vero, che le affermazioni di Garavini hanno suscitato in me soltanto ilarità. La rabbia l’avevo già metabolizzata nelle sue prime esternazioni, subito dopo i fatti. Ascoltarla è stato come assistere a uno spettacolo surreale, mi sono sentito piacevolmente trasportato in dimensione 3D, fatta di balle spaziali e di visioni galattiche. Sembrava così convinta di quello che diceva, l’onorevole, che per un momento ho davvero pensato che ci credesse sul serio. E ancora adesso, mentre scrivo, mi accorgo di non essere riuscito a risolvere il mio dubbio: ma Laura Garavini ci è o ci fa?
Il rischio, quello vero, è che la sua non sia affatto propaganda, ma la dimostrazione plastica di come certe persone possano avere la mente ottenebrata dalla assuefazione alla disciplina di partito.
Garavini, che in questo periodo guarda al mondo dell’emigrazione con i paraocchi, proprio come i cavalli, in fondo va ringraziata. Lasciando l’assemblea al termine del suo intervento, mi sono ritrovato con alcuni consiglieri proprio fuori della sala conferenze: commentando le parole dell’esponente Pd, avevamo tutti le lacrime agli occhi. Risate o pianto isterico? Uscendo, citavamo un po’ tutti il film di Troisi: "Vai avanti tu che mi vien da ridere". Ma a volte, purtroppo, si ride per non piangere.
Questo è ciò che ricordo più di ogni altra cosa della plenaria appena trascorsa. E va bene il parere firmato alla maggioranza che vuole un CGIE più presente su Roma e meno a livello “continentale”; va bene l’intervento del sottosegretario agli Esteri Giro che ha promesso che “la circoscrizione estero non si cancella”; belle le parole che ho sentito pronunciare da Michele Schiavone, Silvana Mangione, Gian Luigi Ferretti e Augusto Sorriso, fra gli altri. Ma – mi perdoneranno gli amici consiglieri, sempre che qualcuno di loro mi sia davvero rimasto amico dopo le tante critiche che ho rivolto all’organismo di cui fanno parte – Laura Garavini è stata davvero imbattibile. Anche più di Roberto Menia, segretario generale del CTIM e uomo di Gianfranco Fini, che – presente alla Plenaria – per una buona manciata di minuti si è appisolato, con la testa fra le mani, e a vederlo sembrava stesse godendo di un ottimo sonno. E già: non c’è niente di più soporifero che una bella plenaria CGIE. Garavini permettendo, s’intende.
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