L’Iraq si trova all’improvviso privo di uno dei suoi piu’ abili mediatori a causa di un ictus che ha colpito il presidente Jalal Talabani, in un momento molto delicato per il Paese, con una profonda crisi tra il governo di Baghdad e le autorita’ della regione autonoma del Kurdistan e con i contraccolpi del conflitto siriano. Talabani, anch’egli curdo, e’ stato ricoverato ieri sera in ospedale per un malore, che il suo ufficio ha spiegato semplicemente con un sovraffaticamento dovuto alla difficile opera di mediazione che il presidente sta portando avanti tra i diversi gruppi politici sunniti, sciiti e curdi, mentre le truppe dell’esercito nazionale e i Peshmerga curdi sono schierate da settimane su fronti contrapposti nel nord-est. Secondo l’ufficio di presidenza, le condizioni di Talabani sono ‘stabili’. Ma gli organi di informazione, anche quelli piu’ vicini al governo, hanno parlato di un ictus e secondo l’agenzia Nina il presidente – che ha 79 anni e nel 2008 ha subito un intervento al cuore negli Usa – ‘e’ in coma profondo e il suo corpo non risponde alle cure’.
La drammatica svolta avviene nel giorno in cui ricorre il primo anniversario del completamento del ritiro delle truppe americane dal Paese, che ha aperto una nuova fase di crisi.
Mentre in tutto l’Iraq rimane forte la presenza di Al Qaida, di ispirazione sunnita, che continua a compiere attentati con decine di vittime contro gli sciiti, il primo ministro sciita Nuri al Maliki cerca di rinsaldare il suo potere e viene accusato dai gruppi politici rivali, sunniti e curdi, di volere reinstaurare un regime dittatoriale nel Paese.
In questo quadro, a loro avviso, rientrano le accuse rivolte al vice presidente sunnita Tareq al Hashemi di avere utilizzato agenti della sua guardia personale per compiere attentati terroristici. Hashemi e’ stato condannato a morte in contumacia, dopo essersi rifugiato prima sotto la protezione delle autorita’ curde e poi in Turchia.
Talabani cerca da mesi di organizzare una conferenza che riunisca tutti i principali gruppi politico-confessionali. Ma la tensione ha subito una nuova impennata con il riaccendersi delle rivalita’ tra la regione del Kurdistan, praticamente semi-indipendente, e il governo di Baghdad quando quest’ultimo ha deciso di dar vita a una nuova forza operativa militare, denominata ‘Tigri’, a ridosso dei territori curdi. Al centro della contesa sono soprattutto i pozzi petroliferi di Taza Khurmatu, nella regione di Kirkuk, abitata da una popolazione mista araba e curda. Proprio oggi il vice ministro del Kurdistan per i Peshmerga, Anwar Hajj Othman, ha detto che le forze curde ‘hanno aperto il fuoco contro un elicottero iracheno’, che poi ‘e’ stato costretto ad allontanarsi’.
Vi sono poi i timori che il conflitto tra sunniti e sciiti che ha sconvolto il Paese tra il 2006 e il 2007 possa riaccendersi per il contagio delle violenze in Siria, che vede ribelli in gran parte sunniti schierati contro il regime del presidente Bashar al Assad, dominato dal suo clan di alawiti, branca minoritaria dello sciismo. E dove, secondo fonti irachene e americane, si sono trasferiti miliziani di Al Qaida provenienti dall’Iraq per combattere contro le forze di Damasco. Nel Kurdistan iracheno, inoltre, si sono finora riversati non meno di 57.000 rifugiati siriani, secondo l’ultimo dato fornito oggi da Dindar Zibari, del dipartimento per le relazioni estere della regione.
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