Pressioni diplomatiche e sanzioni economiche, ma anche navi e aerei da guerra. Gli Stati Uniti hanno inviato senza clamore significativi rinforzi militari nel Golfo Persico, per mettere in chiaro, non solo a parole, che qualsiasi tentativo da parte di Teheran di chiudere il vitale stretto di Hormuz non sara’ tollerato. Una possibile chiusura che e’ stata riportata alla ribalta nei giorni scorsi proprio dai dirigenti iraniani, all’indomani dell’entrata in vigore del divieto dell’Unione Europea di ogni importazione di petrolio iraniano che la Casa Bianca ha fortemente voluto e salutato con soddisfazione, come una misura ‘che rappresenta un aumento sostanziale dell’impegno dei nostri alleati e partner europei nella ricerca di una soluzione pacifica alle preoccupazioni della comunità internazionale sul programma nucleare iraniano’.
Lo stesso giorno, il presidente della Commissione energia del parlamento iraniano Arsalan Fathipour ha pero’ minacciato: ‘se decidono di sanzionarci completamente, non permetteremo che attraverso lo stretto di Hormuz passi una sola goccia di petrolio’. Allo stesso tempo, la Commissione sicurezza nazionale del parlamento iraniano ha presentato una proposta per bloccare il passaggio dello stretto a petroliere che trasportano greggio verso Paesi che hanno imposto sanzioni all’Iran. Il giorno dopo l’esercito iraniano ha poi avviato esercitazioni missilistiche sostenendo che si tratta di un messaggio per dire che Teheran e’ pronta ‘a fornire sicurezza nella regione del Golfo e per il transito di petroliere’ attraverso Hormuz.
Frattanto, nelle settimane scorse il Pentagono ha rafforzato le sue capacita’ di difesa e offensive nella regione. Tra le misure piú visibili, secondo quanto scrive il New York Times, la US Navy ha raddoppiato il numero di dragamine presenti nelle acque del Golfo, portandolo da quattro a otto. Sin dalla primavera gli Usa hanno poi aumentato il numero di caccia stealth F-22 e F-15, per rafforzare le possibilità di attacco già operative in due differenti basi in zona e anche i gruppi di attacco delle portaerei che navigano costantemente nelle acque della regione. Si tratta di caccia che danno alle forze Usa una maggiore capacita’ di colpire le batterie missilistiche iraniane dispiegate lungo la costa, ma che sono anche in grado di raggiungere obiettivi nell’entroterra iraniano. Inoltre, nel Golfo incrocia ora anche una nave appoggio, la Ponce, che e’ stata trasformata un una sorta di base galleggiante per operazioni speciali da lanciare da acque internazionali. Ma oltre a proteggere la viabilita’ dello stretto di Hormuz, dove si stima che passino ogni giorno circa 15 milioni di barili di greggio, il dispiegamento ha anche lo scopo di rassicurare Israele, senza pero’ eccedere in minacce a Teheran.
Rafforzare le sanzioni e anche la presenza militare senza pero’ indicare all’Iran e allo stesso Israele che un attacco e’ imminente o inevitabile e’ una ‘danza difficile’, nota il NYT, sottolineando allo stesso tempo che ci sono pero’ poche indicazioni che l’aumento di pressioni di vario tipo abbia convinto Teheran ad ammorbidire la sua posizione nei negoziati che conduce con la comunita’ internazionale sulle sue ambizioni nucleari, che sembrano arrivate ad uno ‘stallo’.
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