Le condizioni disumane in cui vivono i detenuti italiani, con celle stracolme e un’assistenza sanitaria carente, sono perfette per far esplodere la ‘bomba’ Tbc, che gia’ colpisce un carcerato su cinque nel nostro paese. L’allarme lanciato dagli esperti della Simpse, la societa italiana di medicina penitenziaria, e’ confermato da un rapporto dello European Center for Disease prevention and Control (Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie) pubblicato oggi, secondo cui per un detenuto il rischio di ammalarsi e’ 26 volte maggiore che per la popolazione generale.
”Il sovraffollamento incide molto sul rischio di contrarre la malattia – conferma Massimo Andreoni, presidente della Societa’ Italiana di Malattie Infettive e Tropicali – per il contagio basta un colpo di tosse, e si pensi quanto puo’ essere facile in una stanza in cui invece di quattro persone ce ne sono dieci o dodici”.
Ad aumentare il rischio e’ anche la provenienza di molti detenuti. ”La Tbc e’ molto presente in alcuni paesi dell’Est Europa – spiega Andreani – da cui spesso provengono i detenuti. Le condizioni nelle celle poi fanno il resto, favorendo la diffusione della malattia. Per questo noi chiediamo che la Tbc rientri tra le malattie per cui viene offerto lo screening al momento dell’arrivo del detenuto nel carcere”. Secondo l’agenzia europea, il 7,2% dei casi di tubercolosi nel continente viene notificato in carcere, con 942 casi ogni 100mila abitanti che si verificano dietro le sbarre, un tasso 26 volte maggiore rispetto a quello nella popolazione generale. Dai dati Simpse risulta invece che nel 2012 nelle carceri italiane il 21,8% dei detenuti aveva la malattia, che si sta diffondendo anche tra gli agenti di polizia penitenziaria, una cifra in crescita rispetto al 2004 quando era del 17,9%.
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