Qual è il significato della parola “leadership”? Ecco la definizione che ne dà Wikipedia, l’enciclopedia del web: "La leadership è una relazione; è l’interazione tra coloro che in una struttura di Stato occupano la posizione più elevata e il resto del gruppo”. “Il leader è colui che ha dei seguaci, senza seguaci non ci possono essere leader". E ancora: “Nella letteratura scientifica psico-sociale la leadership è l’autorità che deriva a un individuo dalle sue doti naturali e dalla sua posizione sociale: l’individuo assume il ruolo di capo di un gruppo grazie al fatto che le sue decisioni e le sue idee, i suoi comportamenti ed atteggiamenti influenzano in modo notevole la comunità considerata".
In altre parole, un leader è colui che si comporta in modo tale da convincere e spingere altri a seguirlo. Il leader non insegue, ma detta la linea, disegna il percorso di cui lui stesso è guida. Matteo Renzi, come Silvio Berlusconi, è senza dubbio un leader. Coraggioso, tanto da andare contro quei sondaggi che sentenziavano: l’80% degli italiani è contro la "staffetta" fra Matteo e Enrico Letta. Ma un vero leader non può basarsi solo sull’umore della gente: il popolo non sempre ha ragione, non sempre l’opinione pubblica ha chiaro il cammino che deve essere intrapreso. Così tocca al leader sapere guardare oltre, sapere giocare la propria partita a scacchi nel modo più intelligente possibile.
Vero: l’attuale presidente incaricato più volte aveva assicurato che non sarebbe mai andato a Palazzo Chigi senza essere legittimato dal voto popolare. Ma con quale legge elettorale avremmo dovuto votare? Con quella che ci riporterebbe immancabilmente a non avere né vincitori né vinti? Per carità. E’ per questo che condivido Vittorio Feltri quando sul Giornale scrive: Matteo ha fatto l’unica cosa che era possibile fare. Saltare in groppa a quella bestia che è lo Stato italiano e cercare di domarlo prima che fosse troppo tardi, prima che tutti noi fossimo davvero spacciati. Certo, quella di Renzi è una scommessa: ma non è forse una scommessa continua la vita, soprattutto in politica?
Ammiro Matteo Renzi per la sua capacità di guardare al futuro e non al domani. Anche questo è un atteggiamento da leader: un vero leader guarda alle prossime generazioni, i politicanti da strapazzo alle prossime elezioni. Renzi vuole un’altra Italia e sono in molti gli italiani a volere la stessa cosa: le riforme, quelle istituzionali, quella che riguarda la Giustizia, una legge elettorale in grado di dare un governo forte al Paese. E poi il lavoro, quella cosa su cui – secondo la nostra Costituzione – dovrebbe essere fondata l’Italia, ma che è sempre più raro trovare.
La giovane età è un altro importante vantaggio di Matteo Renzi: come lui stesso ha ripetuto più volte, il fatto che persone più anziane di lui non siano riuscite a risolvere i problemi del BelPaese non vuol dire che le nuove generazioni siano destinate a fallire. Almeno, lasciateci provare a combattere.
Finalmente Matteo Renzi, il "demolition man", quello che è pronto a mandare a casa tutti i vecchi arnesi della politica, è pronto per sedersi sulla poltrona di Palazzo Chigi. Come governerà l’Italia? Farà bene, come tutti ci auguriamo con forza, o anche il suo esecutivo – come quello di Monti prima e Letta poi – si impantanerà nella palude? Lo sapremo presto. Le intenzioni sono buone, ma non bastano più: attendiamo i fatti.
Intanto è importante non dimenticare che Matteo Renzi – che pure piace a qualcuno nel centrodestra – milita nel Partito Democratico, ovvero a sinistra. Non è una questione da poco né una banalità sottolinearlo. In troppi sono confusi, proprio perché Renzi confonde. Moderato? Forse sì, rispetto a Grillo e paragonato a Vendola o Rizzo, ma pur sempre un uomo del Pd. Di quel partito pronto, per esempio, a dire sì allo ius soli; di quel partito che ha voluto con forza l’abrogazione del reato di clandestinità; di quel Pd che sarebbe pronto ad aprire la strada ai matrimoni gay anche in Italia. Insomma, se è vero che i punti di contatto fra il Pd di Renzi e il centrodestra italiano ci sono, restano con forza anche importanti differenze che sarebbe sbagliato dimenticare. Matteo Renzi si occupi di ciò che c’è da decidere di più urgente per tornare a fare camminare il nostro Stivale verso il futuro: non è con i matrimoni gay o aprendo le porte dell’Italia ai clandestini che si risolleva il BelPaese.
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