"Il presidente del Consiglio ha oneri e onori, ha lui il compito di dire cosa ha funzionato e cosa no. Io non sarò mai tra quelli che siccome hanno vinto il congresso chiedono due ministri, tre sottosegretario o quattro viceministri. Ma che è, la lista della spesa?". Matteo Renzi apre così, con i toni sferzanti che lo contraddistinguono, la settimana decisiva per il futuro del governo e della legislatura. L’appuntamento per ridiscutere lo schema di governo è fissato per giovedì 20 febbraio, ma in molti sostengono che il chiarimento avverrà prima.
Il premier Enrico Letta, dopo l’incontro in programma con Napolitano, rilancerà per l’ennesima (l’ultima?) volta l’azione del suo esecutivo. "Era ora", ha commentato nei giorni scorsi il sindaco di Firenze, che questa mattina è tornato a escludere la ‘staffetta’ con il compagno di partito, di cui si parla insistentemente da giorni: "E chi ce lo fa fare? Nessuno di noi ha mai chiesto di andare al governo".
A questo punto, seguendo lo schema definito dallo stesso Renzi, le soluzioni sono tre: la prima è che Letta continui sino alla scadenza designata della primavera 2015, si faccia la legge elettorale, si provino a fare le riforme istituzionali e si vada a votare. La seconda opzione è che si conduca il Paese a elezioni anticipate prima possibile, quindi, verosimilmente, con la legge elettorale uscita dalla sentenza della Corte costituzionale. La terza e ultima soluzione in campo è che vi sia un vero rilancio dell’azione di governo e che si scavalli il 2015 per arrivare al termine naturale della legislatura previsto per il 2018. E’ chiaro che quest’ultima ipotesi, nonostante le parole di Renzi, non può prescindere da un impegno diretto del sindaco di Firenze.
"Andare al voto – afferma il capogruppo del Pd alla Camera Roberto Speranza – sarebbe un regalo alle forze dell’antipolitica. Ma trascinare il governo solo per un po’ di mesi costituirebbe un errore madornale". La legislatura "non si deve assolutamente interrompere perché vanno fatte le riforme istituzionali, economiche e sociali. Per me resta un faro il discorso del presidente Napolitano al momento del suo insediamento: la politica può riconquistare la fiducia dei cittadini se dimostra di sapere risolvere le questioni all’ordine del giorno. Dobbiamo avere il coraggio di portarle a termine in questa legislatura". Un invito a Renzi a considerare l’opzione ‘staffetta’? Una delle variabili fondamentali potrebbe essere rappresentata proprio dal fatto che il pacchetto di riforme su cui Pd e Forza Italia hanno trovato l’accordo (legge elettorale, superamento Senato, revisione titolo V) richiede ben più degli otto mesi rimanenti al governo Letta per essere approvato. "Capisco le resistenza di Matteo – osserva il portavoce della segreteria Pd Lorenzo Guerini, uno degli uomini più vicini al segretario – ma credo che sia un dovere al quale la politica non può sfuggire quello di verificare, senza reticenze e con coraggio, se un governo di legislatura non possa essere la soluzione migliore per l’Italia".
Un altro fedelissimo del sindaco di Firenze, Dario Nardella, non nasconde i suoi dubbi: "L’accelerazione verso Palazzo Chigi è rischiosa per Renzi e per il Pd. E’ evidente che sia oggi il politico più credibile e con il più alto consenso tra i cittadini. Ma non ha fatto le primarie chiedendo di diventare premier tramite un’operazione di Palazzo". E se dalla minoranza Pd si alzano appelli come quello di Alfredo D’Attorre ("meglio il voto che questa agonia"), dagli alleati di governo arriva un richiamo al senso di responsabilità: "Non ci stiamo – afferma Angelino Alfano – a un governicchio che ogni giorno rischia di scivolare su un incidente. Renzi è il segretario del Pd e questo è un governo a guida democratica. E’ evidente che tocca a lui fare delle scelte ed è inevitabile che le sorti del governo si giochino nel rapporto tra lui e Letta. Non siamo disposti ad aspettare fino al 20 febbraio, occorre decidere subito".
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