Gli effetti della crisi iniziano a essere consistenti pure sulla locomotiva tedesca: la fiducia delle imprese registra, a luglio, un terzo calo consecutivo nel giro di tre mesi. E Moody’s, dopo aver messo in guardia la Germania annunciando una revisione al ribasso dell’outlook da ‘stabile’ a ‘negativo’, minaccia sei Laender, con una valutazione analoga. Il governo pero’ reagisce ostentando sicurezza: ‘Certo aumentano i rischi congiunturali anche per la nostra economia, ma la nostra situazione resta robusta’, ha minimizzato il ministro Philipp Roesler, sottolineando capacita’ di crescita e di resistenza del sistema.
Non variano, per ora, le stime sull’anno in corso: la crescita resta al +0,7%. Ne’ viene scalfita, nell’incertezza generale, la fiducia dei connazionali in Angela Merkel. In ferie da qualche giorno, la lady di ferro e’ comparsa stasera in abito lungo sul tappeto rosso del festival wagneriano di Bayreuth: stando ai sondaggi, alle elezioni stravincerebbe sui possibili avversari socialdemocratici. Fiducia salda in lei dunque, come, sui mercati, nel bund tedesco: la Germania ha collocato titoli a 10 anni indicizzati all’inflazione per 752 milioni di euro, con un rendimento negativo pari a -0,39%. E la domanda ha superato l’offerta di 1,9 volte. Che neppure Berlino sia immune dalla crisi e’ pero’ sempre piu’ evidente. Neppure digerito l’annuncio della bocciatura delle prospettive tedesche di Moody’s, gia’ arriva un’appendice delle valutazioni sul rating: la stessa agenzia ha portato da ‘stabile’ a ‘negativo’ anche il rating di Baviera, Berlino, Brandeburgo, Baden-Wuerttenberg, Nordreno-Westfalia e Sachsen-Anhalt. Una decisione motivata con i ‘collegamenti estremamente stretti dal punto di visti strutturale e finanziario fra il governo federale e le regioni’. Al nuovo annuncio, il governo ha reagito con assoluta indifferenza: ‘E’ solo la conseguenza della valutazione sull’economia federale’, ha commentato il portavoce Georg Streiter in conferenza stampa.
Non e’ questa pero’ l’ultima cattiva notizia. E’ peggiorato ancora, infatti, l’indice che misura l’umore dell’industria: a luglio e’ sceso a 103,3 punti, il mese scorso era a 105,2. Lo stesso istituto avverte poi sugli effetti di un default della Grecia. Per la Germania sarebbe piu’ conveniente l’uscita di Atene dall’eurozona: perderebbe fino a 82 miliardi di euro, mentre lo scenario di un default nell’area euro fa prevedere perdite per i contribuenti tedeschi fino a 89 miliardi.
C’e’ uno studio che calcola pero’ anche gli enormi danni che i tedeschi riceverebbero da un eventuale crollo dell’eurozona: secondo Lars Feld, uno dei saggi del Consiglio economico indipendente del governo tedesco, i costi a breve termine che la Germania pagherebbe per una fine della moneta unica ammontano a oltre 3 mila miliardi di euro. Le conseguenze sarebbero un’ondata di fallimenti e di disoccupazione che colpirebbe soprattutto il ceto medio, spiega l’economista. Per evitare che accada cio’, dice ancora Feld al Rheinische Post, la Germania deve impegnarsi a mantenere Atene nell’eurozona, senza tuttavia concedere nuovi pacchetti di aiuti.
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