"Se è in atto un cambiamento, il merito va a un uomo solo: Grillo. Senza di lui rischiavamo altri 50 anni di macerie come quelle create dall’ipnotica cultura della Democrazia Cristiana, dei socialisti, fascisti e comunisti", "un’impresa, quella di Grillo, che tuttavia non manca di qualche errore, sentiva che gli mancava qualcosa e così ha pensato bene di generare lui stesso il suo antagonista. E gli è venuto mica male, devo dire, tutt’altro che ‘ebetino’. In quattro e quattr’otto ha fatto un clamoroso sgambetto a Letta ed è subito diventato Presidente del Consiglio". Lo scrive Adriano Celentano in un intervento su Il Fatto nel quale appoggia Grillo anche sul fronte anti-euro: "Sono d’accordo con Grillo, quando dice che se l’Europa non condivide il pagamento del nostro ‘debito’ è meglio uscire dall’Euro. Del resto, il titolo di ‘comunità Europea’ è valido solo se gli Stati membri si aiutano l’uno con l’altro. Solidarietà indispensabile, per non dire vitale, tanto più nel caso di un ritorno alla lira, che però non avrebbe nessun effetto se nei rapporti col prossimo l’uomo non recupera, prima di ogni altra cosa, quella spiritualità che l’arido mondo del business ha perso".
"E’ innegabile che Renzi ci sappia fare – scrive anche il cantante -. E’ giovane, veloce, coraggioso e anche simpatico. Ma Grillo ancora non è contento. Forse se lo immaginava diverso e qualcuno già dice che si sia pentito di averlo concepito in quel modo".
Nel suo articolo Celentano non risparmia tuttavia le sue critiche al governo Renzi per i 100 senatori che "non saranno eletti dal popolo" e le cui poltrone "saranno strettamente raccomandate dalle Regioni e dai Comuni. Due enti, che dalla fine della guerra in poi, si sono dimostrati tra i principali responsabili del disastro italiano", ma sostiene anche che la sovranità popolare negli ultimi 50 anni ha prodotto "solo disastri (e la sciagurata trascuratezza degli scavi di Pompei ne è la testimone oculare): con un debito pubblico stratosferico che non si può più neanche chiamare debito, poiché la sua fisionomia più corrispondente è ormai quella del becchino. Pertanto viene logico pensare che quel tipo di democrazia così tanto ambita dai detrattori di Renzi esistesse solo nel suono delle parole. Forse, più che una democrazia – avrà pensato Renzi – ciò che davvero serve è una ‘dittatura democratica’, dove l’approvazione di una legge non dovrà più sottostare all’eterno ping pong senza uscita fra le due Camere".
"Mi domando come sarebbe apparso Renzi agli occhi del mondo se, oltre a essere giovane, svelto e simpatico, avesse fatto anche un decreto legge hard rock, che avesse vietato per sempre (senza ulteriori sprechi e scavi pericolosi) il micidiale passaggio delle grandi navi a Venezia. Sono certo che avrebbe ricevuto il plauso di tutti i giovani del mondo e non solo, difficile da credere, ma persino dal suo ‘acerrimo’ nemico Grillo. E invece caro Matteo, credo proprio che tu abbia perso il treno della tua vita", "forse ancora non hai capito qual è il bene degli italiani, come credo non l’abbiano capito non solo nessuno dei tuoi avversari politici, ma neanche gli italiani. Ed è questa la vera disgrazia".
Celentano critica quella che chiama la "legge ‘truffa’ sulle grandi navi a Venezia", ma anche la mancanza di una legge per arginare gli spot in tv, per la quale si rivolge sempre al premier: "Tu non te la senti, o te la senti (tanto per cominciare, per poi subito dopo affondare il dito nella piaga delle tasse ingiuste) di fare un decreto legge che impone alla Rai, a Mediaset e a tutte le stazioni televisive che l’intervallo tra un inserto pubblicitario e l’altro non debba essere inferiore ai 20 minuti? E che l’inserto pubblicitario non possa durare più di 2 minuti? No, non te la senti, perché avresti contro il mondo della pubblicità, le televisioni e i politici di tutti i partiti comincerebbero a parlarti di disoccupazione, di gente che vive sulla pubblicità, come l’Ilva di Taranto e le grandi navi", "è questo il tipo di governo che ‘il vento di questo tempo’ impone. Le legislature, compresa la tua, dureranno sempre meno se chi ne è coinvolto non ascolterà la voce impetuosa di questo vento. Oggi, più di ieri, la gente ascolta e giudica. E anche se, come dicono tanti, l’aggettivo di ‘sovrano’ applicato al popolo è una tragica burla, piuttosto che niente è meglio vederlo scritto a caratteri cubitali nella Costituzione".
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